L’ editoriale del Direttore Daniela Piesco 

L’Ecclesiaste parlava di tempi. Netanyahu, a quanto pare, legge solo il menù del catering. Mentre droni iraniani solcano cieli apocalittici e le esplosioni israeliane ridisegnano Teheran a colpi di demolizione chirurgica, una popolazione palestinese viene sepolta viva nel silenzio mondiale. E proprio allora, tra una minaccia esistenziale e un’esplosione, il premier israeliano sente l’imprescindibile necessità di regalarci un monologo strappalacrime.

Scenario d’elezione? Un ospedale bombardato, naturalmente.
Tragedia in primo piano? Il secondo rinvio del matrimonio del figlio Avner. Apocalisse gastronomica.

Con la gravità di chi annuncia la fine del mondo (o forse solo la scadenza della panna montata), Bibi ha trasformato lo sgarbo al catering in epopea patriottica, paragonandolo allo “spirito indomito di Londra sotto il Blitz nazista”. Manca solo Churchill che gli porge una fetta della leggendaria torta nuziale – probabilmente conservata in frigo, accanto alle borse per cadaveri dell’ospedale Al-Shifa – e la scenografia del martirio kitsch è completa.
“Mia moglie è delusa”, ha sussurrato tra una visita ai feriti causati dal proprio esercito e un ordine di bombardamento. “Anche la fidanzata di Avner è delusa”. Singhiozzo.
Gaza, intanto, non è delusa: è polverizzata.
Ma chi si cura delle macerie, quando c’è un dolce a rischio decomposizione?

Il governo israeliano, per non farsi mancare nulla, arricchisce il repertorio del grottesco. Un ministro, con la solennità che solo un master in ipocrisia può conferire, dichiara: “Bombardare un ospedale è un crimine di guerra!”.
Il mondo non trattiene il fiato per l’indignazione, ma per non soffocare dalle risate. Amare, ovviamente.
Amnesia selettiva? Lapsus freudiano? O forse la semplice certezza che gli ospedali di Gaza, ridotti a necropoli umanitarie, non compaiono più nei briefing di Tel Aviv come luoghi “degni di nota”.

La diretta nazionale di Netanyahu è stata l’apoteosi del teatro dell’assurdo: un paese sull’orlo del baratro, famiglie in lutto, ostaggi in agonia da 622 giorni, e lui – il comandante in capo – nel ruolo della vittima designata, padre afflitto per il rinvio del ricevimento.
Prossima location suggerita per la conferenza stampa? Le rovine di un negozio di bomboniere, magari accanto a una scuola appena rasa al suolo. Per ricordarci che il vero olocausto, oggi, è pagare un anticipo al fiorista e non poterlo sfruttare.

Anat Angrest, madre di un ostaggio nelle mani di Hamas da quasi due anni, ha risposto con una dignità che stride con la macelleria mediatica del premier: “La sofferenza non è passata inosservata neanche alla mia famiglia”.
Traduzione: Hai del fegato a recitare la commedia del dolore mentre il tuo esercito macella bambini.

La loro colpa? Non essere invitati alle nozze di Avner.

Il dramma, ormai, non è solo bellico. È etico, linguistico, umano. È crollo morale, prostituzione del linguaggio, estetica della menzogna.
Quando un leader trasforma una catastrofe umanitaria in una telenovela familiare da quattro soldi, restano due sole reazioni possibili: una risata amara. O un conato.

E mentre Netanyahu versa lacrime per Avner e sputacchia minacce verso l’Iran, Gaza continua a bruciare.

Ma state tranquilli: la torta è al sicuro. In frigo. Gelida come la sua coscienza.

 

pH Pixabay senza royalty

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.