“Il potere non è mai stato tanto pericoloso come quando indossa la maschera della normalità.”
— Pier Paolo Pasolini
Negli ultimi decenni, la sanità italiana è diventata terreno di conquista per una nuova classe di imprenditori politici, capaci di muoversi abilmente tra fondi pubblici, affari privati e consenso mediatico. Il caso della famiglia Angelucci, potente nel Lazio e non solo, e quello del San Raffaele di Milano, emblema dell’intreccio tra fede, finanza e sanità, raccontano meglio di qualsiasi dossier il progressivo smantellamento del Servizio Sanitario Nazionale a vantaggio di pochi attori privati. Il tutto in un contesto in cui la sanità pubblica soffre di tagli, carenze di personale e tempi d’attesa record.
Il caso Angelucci: sanità, giornali e politica
La famiglia Angelucci è protagonista di un modello di potere trasversale: imprenditori sanitari, politici e editori. Il gruppo possiede numerose cliniche e RSA convenzionate in Lazio, Lombardia, Abruzzo e Campania, tra cui spicca la Clinica San Raffaele di Roma (nota come San Raffaele Pisana), una struttura privata accreditata con il Servizio Sanitario Regionale. La clinica è specializzata in riabilitazione intensiva e neuromotoria, ma opera prevalentemente con fondi pubblici, rimborsati dalla Regione Lazio. Secondo stime aggregate, solo nel Lazio il gruppo Angelucci riceve circa 250 milioni di euro all’anno in rimborsi per attività sanitarie e sociosanitarie.
Parallelamente, la famiglia controlla i quotidiani Libero e Il Tempo, che ricevono contributi pubblici per l’editoria e svolgono un ruolo attivo nella difesa degli interessi del gruppo. Antonio Angelucci è stato deputato di Forza Italia e poi della Lega, mentre il figlio Giampaolo siede tuttora in Parlamento. Questa duplice influenza — economica e politica — garantisce un sistema in cui le risorse pubbliche vengono veicolate verso attori privati senza reale competizione o trasparenza.
Lauree facili, politica e conflitti d’interesse: i casi Locatelli, Calderoni e Link
Il sistema sanitario privato non si limita solo alla gestione di cliniche, ma si estende anche al settore della formazione. La ministra della Disabilità Alessandra Locatelli, ad esempio, ha suscitato dubbi per una laurea in Scienze della Riabilitazione conseguita presso l’Università San Raffaele di Roma, legata al gruppo Angelucci, ottenuta in tempi sospettosamente brevi con un tirocinio svolto presso la clinica San Raffaele Pisana. Questo caso evidenzia come il sistema sanitario-educativo privato possa trasformarsi in un veicolo per legittimazioni politiche e personali, alimentando conflitti d’interesse tra politica, formazione e sanità.
Un altro episodio che ha acceso i riflettori è quello del ministro Calderoni (Ministro per la Famiglia e le Disabilità), coinvolto in un’indagine mediatica sulle sue presunte irregolarità nell’ottenimento del titolo accademico. Anche qui si parla di percorsi di studi accelerati o poco trasparenti presso università private come la Link Campus University di Roma, spesso accusata di rilasciare “lauree facili” a personaggi politici o vicini al potere. Questa università, pur convenzionata con enti pubblici, è stata spesso al centro di polemiche per la qualità e la trasparenza dei suoi corsi, soprattutto nelle discipline sanitarie e sociali.
Questi casi dimostrano come la sanità privata, la formazione universitaria privata e la politica si intreccino in un sistema di scambi di favori e protezioni, dove la qualità e l’equità della formazione e della cura sono spesso secondarie rispetto a interessi di potere.
Il San Raffaele di Milano: fede, potere e scandali
Fondato da Don Luigi Verzé, il San Raffaele di Milano nasce come centro ospedaliero cattolico, ma diventa presto una potenza economica e politica. Negli anni 2000 si rivela un sistema opaco: finanziamenti pubblici, bilanci falsificati, fondi neri, e rapporti diretti con il potere politico — in particolare Silvio Berlusconi. Il crollo finanziario del 2011, con un buco di oltre 1,5 miliardi di euro, costringe lo Stato e i privati a un salvataggio in extremis. Oggi il San Raffaele è gestito dalla Fondazione San Donato e riceve ogni anno oltre 400 milioni di euro dal SSN. È un esempio lampante di come la privatizzazione della sanità non coincida con maggiore efficienza o trasparenza, ma spesso con meccanismi di rendita e crisi sistemica.
Privati in espansione, pubblico in ritirata
Mentre i grandi gruppi sanitari privati crescono, la sanità pubblica italiana arretra. Secondo i dati ISTAT 2024, oltre 10 milioni di italiani hanno rinunciato a cure mediche o diagnostiche per via dei tempi d’attesa o dei costi. Per una risonanza magnetica si aspettano in media 96 giorni, per una visita cardiologica 73. Nel frattempo, la spesa sanitaria pubblica scende al 6,2% del PIL, la più bassa tra i Paesi fondatori dell’Unione Europea. In Germania è al 9,9%, in Francia al 9,4%.
La cronologia di un modello: come siamo arrivati qui
1992 – Con la legge 502/92, il SSN viene “aziendalizzato” e si apre ufficialmente al privato convenzionato. Nasce l’accreditamento.
Anni 2000 – Gli Angelucci espandono il loro gruppo sanitario, acquisendo e aprendo strutture come il San Raffaele Pisana, e iniziano a entrare in politica e nell’editoria.
2005–2011 – Scoppia il caso San Raffaele a Milano: falsi in bilancio, fondi neri, crollo finanziario e salvataggio con soldi pubblici.
2013 – Il Patto per la Salute sancisce nuovi tagli e tetti di spesa: la sanità pubblica perde oltre 3 miliardi di euro.
2024 – Emergenza personale sanitario: fuga dai pronto soccorso, medici stremati, dimissioni di massa.
2024 – Casi Locatelli e Calderoni: lauree sospette in università private come San Raffaele di Roma e Link Campus, con implicazioni di conflitti d’interesse e privilegi politici.
Personale sanitario al limite
Secondo OCSE e Ministero della Salute, mancano almeno 30.000 infermieri e 10.000 medici. La fuga dagli ospedali pubblici è continua: nel 2023 oltre 10.000 operatori sanitari si sono dimessi volontariamente. Un medico ospedaliero su due ha più di 60 anni. Il blocco del turnover e i contratti precari rendono la situazione insostenibile, soprattutto nei reparti d’emergenza.
La stampa come arma di potere
Una particolarità del caso Angelucci è il controllo diretto anche del racconto pubblico. I loro quotidiani non solo godono di fondi pubblici per l’editoria, ma spesso sostengono attivamente le politiche regionali e nazionali che favoriscono la sanità privata convenzionata. In questo modo, chi possiede cliniche, giornali e seggi in Parlamento può pilotare insieme risorse, consenso e percezione pubblica. Il risultato è un sistema in cui il cittadino si trova a pagare due volte: una con le tasse, l’altra ricorrendo al privato per evitare attese impossibili.
Il vero rischio: la fine del diritto universale alla salute
Quello che emerge dai casi Angelucci, San Raffaele (sia romano che milanese), e da altri operatori privati è la progressiva trasformazione della salute da diritto universale a servizio a pagamento. L’Italia, che aveva uno dei migliori sistemi sanitari pubblici al mondo, sta diventando un Paese dove chi ha mezzi accede a cure rapide, mentre chi non può permetterselo resta in attesa — o rinuncia del tutto. Il pubblico viene lasciato senza risorse, mentre il privato cresce grazie a quelle stesse risorse. È un modello distorto, sostenuto da una classe dirigente che ha smesso di credere nella sanità come bene comune.
Conclusione
Il futuro della sanità italiana è a un bivio: o si ripristina il principio di equità e universalità con investimenti nel pubblico e regole più rigide per il privato, oppure ci si avvia verso un sistema duale, in cui la salute diventa un privilegio. Serve una presa di coscienza pubblica, un nuovo patto sociale, e la fine della complicità politica con i gruppi economici dominanti. Altrimenti, come diceva Pasolini, il potere continuerà a fare danni sotto la maschera rassicurante della normalità.
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