“In Italia non c’è mai stata una cultura di massa. Ma c’è stata sempre una massa contro la cultura.”
— Pier Paolo Pasolini
In Italia, il confronto tra Alberto Angela e Bruno Vespa è diventato il simbolo di un problema più grande, che riguarda il servizio pubblico televisivo e la sua capacità — o incapacità — di valorizzare davvero la cultura. Da una parte, Alberto Angela, laureato in Scienze Naturali con specializzazioni prestigiose e un curriculum di divulgatore scientifico che raramente trova eguali; dall’altra, Bruno Vespa, laureato in Giurisprudenza, maestro del dibattito politico rassicurante e del plastico televisivo, che preferisce il già visto, il consolidato, il ripetuto all’infinito.
Ma se questa fosse solo una battaglia italiana, forse si potrebbe anche capire. Il vero paradosso emerge se guardiamo cosa accade oltreconfine, nelle altre grandi TV pubbliche europee, modelli a cui la Rai dovrebbe ispirarsi.
Prendiamo la BBC, ad esempio: qui i programmi di divulgazione scientifica e culturale non sono relegati a orari di minor ascolto o a repliche sparse nel fine settimana. No, la BBC li mette in prima serata, accanto a fiction e intrattenimento, convinta che il pubblico possa e voglia imparare, scoprire, emozionarsi con storie vere e complesse. E lo fa affidandosi a volti noti, preparati, appassionati, che non temono di affrontare temi impegnativi senza doverli banalizzare.
In Germania, la ZDF e la ARD fanno altrettanto: non considerano la cultura un “contenuto di nicchia” ma un pilastro del loro servizio pubblico. I programmi di scienza, storia e arte sono strutturati per attrarre grandi audience, grazie a una narrazione coinvolgente e a una produzione curata, che rende l’approfondimento accessibile ma mai banale.
In Francia, France Télévisions non si tira indietro quando si tratta di investire in programmi che spiegano la complessità del mondo, anche in prima serata. Qui la divulgazione scientifica non è un compromesso, ma un valore aggiunto, che arricchisce l’offerta e contribuisce a costruire una cittadinanza più consapevole.
E l’Italia? In Italia la Rai sembra andare in direzione opposta. Qui, la prima serata è ancora appannaggio di programmi che puntano sulla sicurezza del già visto, della politica che si ripete come un rito, del dibattito che sembra una partita a scacchi senza mai una vera mossa sorprendente. Il “Cinque Minuti” di Vespa dopo il TG1 è l’esempio perfetto di questa scelta: un piccolo contenitore dove la voce del conduttore risuona su un pubblico abituato a restare spettatore passivo, senza la sfida di un vero approfondimento.
Nel frattempo, Alberto Angela e i suoi programmi, che pure conquistano numeri record di ascolto con una proposta culturale di alta qualità, vengono relegati a orari secondari o trattati come “eccezioni” invece che come colonne portanti del palinsesto.
Questa scelta non è solo una questione di gusti o di strategie commerciali, ma un vero e proprio segnale culturale. Mentre l’Europa investe nella cultura come strumento di crescita sociale e civile, in Italia si preferisce proteggere una narrazione vecchia e rassicurante, che non mette in crisi nessuno, ma non spinge nemmeno avanti.
Il rischio è quello di trasformare la televisione pubblica in un museo di plastica, dove tutto sembra ordinato e in posa, ma manca la vita vera, quella che solo la cultura autentica sa portare. E mentre le altre TV di Stato europee provano a trasformare il loro pubblico in cittadini più curiosi, più consapevoli, più critici, la Rai sembra accontentarsi di mantenere in onda il plastico, quello che non richiede fatica, impegno o coraggio.
Se la cultura è il motore del cambiamento, la Rai sta rischiando di restare ferma al palo, con Vespa a regnare su un impero di abitudini e ripetizioni, mentre Angela, con il suo bagaglio di scienza e meraviglia, resta un viaggiatore solitario relegato ai margini.
Sveglia, Rai: non è una questione di plastici, ma di cervelli
Alla fine, la questione non è solo chi ha la laurea più lunga o le specializzazioni più brillanti, ma cosa si sceglie di mettere in prima serata. La Rai sembra aver deciso da tempo che la cultura profonda e scientifica sia un prodotto di nicchia, qualcosa da relegare nelle fasce “diurne” o nelle repliche domenicali. Meglio puntare su un prodotto già confezionato, il plastico rassicurante, la formula che non delude.
Peccato che, mentre il plastico resiste immutabile, il pubblico e la società cambiano. E forse, prima o poi, anche la Rai dovrà scegliere se restare incastrata in un modellino di cartone oppure aprire le porte a un vero viaggio nella conoscenza.
Ma fino ad allora, i “Cinque Minuti” di Vespa dopo il TG1 continueranno a dettare legge, e la paleontologia e il DNA di Angela rimarranno un lusso per pochi — mentre la televisione pubblica continua a insegnarci una cosa sola: la cultura si può anche laureare, ma alla fine a decidere chi resta in onda è sempre il plastico.
pH Wikipedia