Roma, 12 giu. (Adnkronos) – L’elezione di Donald Trump “per me è stata una delusione. Non sono un filosofo o un analista politico ma mi interrogo su cosa sia importante per l’essere umano e in questa amministrazione non vedo compassione. Anzi, sembra che si compiacciano del contrario: ferire, umiliare. Un atteggiamento di questo genere da parte di chi ha il compito di amministrare il governo degli Stati Uniti trovo sia un atteggiamento che può essere controproducente anche per sé stesso”. A dirlo è Martin Scorsese, oggi la grande star della 71ma edizione del Taormina Film Fest che, in un colloquio con i giornalisti, si è soffermato sull’elezione di Trump. “Con la rabbia e con l’odio si finisce solo per far male alle persone e trovo che tutto questo sia profondamente tragico”, aggiunge Scorsese.
Sollecitato dai cronisti, il regista si ricollega agli scontri in corso in questo momento negli Stati Uniti causati dalla stretta all’immigrazione, che hanno determinato la decisione di Trump di inviare 700 marines a Los Angeles. Citando il suo ‘Gangs of New York’, Scorsese afferma che “la storia si ripete sempre. Gl scontri che si verificano sono simili a quelli verificatisi nel passato per i siciliani e i napoletani. E’ un po’ il destino dei gruppi di persone diverse che entrano in una comunità già formata -spiega- Quando il diverso si approccia e tenta di integrarsi ad una comunità già formata, gli scontri si verificheranno sempre”.
Da italoamericano, il regista ripercorre le traversìe degli italiani immigrati a New York: “Se ripenso a New York prima sembrava ‘West Side story’, perché anche gli italiani erano molto diversi. E’ normale che dove ci sono gruppi differenti che tentano di amalgamarsi c’è sempre un conflitto tra chi c’era prima e chi arriva dopo. Senza conflitto non c’è inclusione”, scandisce il premio Oscar. Queste divisioni “fanno male a tutti perché ricadono sulle generazioni successive, e poi occorrono decenni per amalgamarsi, eliminare i sottogruppi ed avere un’unica comunità. Laddove c’è diversità di pensiero c’è conflitto”. La democrazia è in pericolo? “A volte penso di sì -ammette il regista- Ma poi penso che forse sta solo venendo messa alla prova”.
I nodi da sciogliere sono due, per il regista: “Il primo è vedere quanto potere riesce ad esercitare il presidente, e dall’altro quanto a lungo il popolo sia disposto a tollerare politiche che potrebbero avere costi sociali ed economici pesanti, come per esempio i dazi”. Nell’intervista, forse non a caso, molto spazio al sentimento di spiritualità che anima Scorsese da sempre, nella vita e nei suoi film. “Il percorso cattolico fa da sfondo i miei film perché da parte della mia infanzia – spiega- La religione ha sempre fatto parte della mia vita. Quando ero piccolo ho sempre sofferto di asma, e le cose che mi davano conforto erano due: la cattedrale San Patrizio a New York e la scuola di teatro. In particolare, nella cattedrale ho avuto modo di incontrare un giovane prete, il mio mentore, che lavorava nella cattedrale, che mi ha introdotto alla lettura di James Joyce e mi ha aiutato ad avere un approccio diverso”.
Scorsese torna dunque a parlare del film sulla vita di Gesù: “Ci sto ancora lavorando, perché mi piacerebbe dare un approccio più contemporaneo al progetto -dice. Ma anticipa che “quasi sicuramente sarà un film in bianco e nero”. Scorsese ammette di aver pensato ad un film di questo tipo fin dagli anni Sessanta, nel frattempo “ho visto tantissimi film che riguardano il Vangelo, ad esempio quello del Vangelo Secondo Matteo”, ma ci vuole tempo perché “mi piace che un lavoro di questo tipo sia una cosa che richiede tanti anni di studio e di ricerca”. Intanto “abbiamo appena finito di girare a Roma ‘Saints’, una serie sulla vita dei santi – spiega il regista- Una serie di puntate nelle quali ci siamo occupati (in quelle girate nella Capitale, ndr) delle vite di Santa Lucia, San Paolo, San Patrizio e della Madonna”. Episodi brevi da 50 minuti l’uno, per i quali “mi sta aiutando un consulente -rivela Scorsese- che lavora per il New York Times”
Impossibile non chiedergli cosa pensi di Papa Leone XIV appena eletto. “Ho grandi speranze rispetto al nuovo Papa”, scandisce. Il fatto che sia americano non lo colpisce più di tanto: “Io quando penso al Papa non penso al fatto che sia americano -spiega- perché il Pontefice deve essere il Papa di tutti. Come succedeva per Papa Francesco: quando pensavo a lui non mi veniva in mente fosse argentino, era un Papa che fosse in grado di abbracciare tutta l’umanità e i fedeli sparsi in giro per il mondo. Credo molto in lui e penso possa avere un giusto approccio rispetto a quanto accade nel mondo”. Interessante “che nel suo discorso di insediamento abbia parlato molto di pace, “ma credo si debba occupare anche dei problemi della gente, perché il Papa si deve fare carico anche della sfera personale di ognuno di noi”.
