“Pur non essendo promotore dei referendum, il PD ha condiviso la campagna della Cgil perché quando si discute di diritti dei lavoratori e nuova cittadinanza noi ci siamo, al di là dei limiti oggettivi dei singoli quesiti, per loro natura abrogativi, e dell’adeguatezza dello strumento referendario che andrebbe comunque riformato.
Il tema cruciale è il marcato impoverimento del Paese a partire proprio dai redditi da lavoro, sia dipendente che autonomo. È in questo contesto che anche il PD Sannita ha scelto di sostenere apertamente la battaglia referendaria, facendone anzitutto una questione di partecipazione democratica, di cittadinanza attiva rispetto ad un governo sordo ed inerte sui diritti del lavoro, sulla questione decisiva dei redditi e sulla cittadinanza. C’erano idee anche diverse, ma la scelta di stare dalla parte dei diritti era per noi naturale. Sul punto, un grazie non di rito ai compagni della CGIL Sannita con i quali abbiamo battuto il territorio con spirito autenticamente solidale. Abbiamo condiviso bei momenti di buona politica, partecipata e comunitaria.
I referendum hanno il limite di essere strumenti abrogativi, non di riforma. In genere necessitano di un’idea forte che catturi e attragga l’immaginario e le coscienze collettive, come avvenuto più volte nella storia della Repubblica con il divorzio, l’aborto, il nucleare e l’acqua pubblica. Il venir meno del quesito sull’autonomia differenziata, che aveva queste peculiarità, ha reso il quorum oggettivamente proibitivo. Per di più, quello referendario è uno strumento di democrazia diretta ideato in tempi in cui la partecipazione al voto era totalizzante. Pertanto, urge una riforma che ne rigeneri le potenzialità. Ben venga il raddoppio delle firme ma si calcoli il quorum sull’affluenza delle elezioni politiche e non sui dati formali di un corpo elettorale iper uranico, peraltro dopato da oltre 6 mln di italiani all’estero che votano con percentuali da prefisso telefonico.
Non dobbiamo ora disperdere il patrimonio di impegno e di esperienze che i referendum ci hanno lasciato, né possiamo abbandonare i temi del lavoro, sia dipendente che autonomo. Organizziamo una proposta che guardi al futuro, che raccolga le istanze dei 12 milioni di italiani, che hanno votato sì, e che ambisca ad intercettare anche i tanti che hanno rinunciato a partecipare, perché sfiduciati, non convinti o poco informati. Il nostro dovere è avanzare proposte di sviluppo, di politica industriale, per il Lavoro dignitoso, libero, costituzionale.
Dobbiamo rimettere l’agenda economica e sociale al centro del dibattito politico, a partire dalla grave questione salariale.
Il Lavoro nel nostro Paese è sempre più povero ed insicuro. Al contempo è iper tassato e con una produttività in stallo. La destra scappa da questi temi perché sa bene che gli Italiani stanno peggio, vittime di un circolo letale tra salari poveri e servizi essenziali, a partire dalla Sanità, in costante restringimento.“