La TV ha iniziato a trasmettere in Italia nel 1954. Il prezzo di un televisore era allora di 450,000 lire, circa sei volte uno stipendio medio, poi è rapidamente diminuito e nel 1960 il prezzo era di 150.000 lire, due volte uno stipendio medio.
A casa mia arrivò nel 1959, e la prima sera (pur di stare davanti allo schermo) mi sorbii una intera infinita opera lirica….
C’era poca TV per bambini all’inizio, e per questo erano per noi appuntamenti imperdibili. Qualcosa la domenica (il famosissimo Rin Tin Tin ) e poi ogni sera il magico Carosello. Un piccolo seguitissimo programma di circa 15 minuti in cui si proponevano brevissime storie che si concludevano con spot pubblicitari, tutto fatto con molta cura e con registi e attori anche famosi.
Carosello era il time-line per definire il momento per noi piccoli di andare a letto ma anche il nostro diritto assoluto, innegabile e irrinunciabile. Tanto che ricordo con precisione una sera speciale in cui andò in onda alle 23 e noi pretendemmo di essere svegliati per poterlo vedere, e lo ottenemmo.
Ma la cosa più importante era che, anche se sono in pochi ora a ricordarlo, allora la RAI era un Servizio, ed anche molto efficiente. Coloro che la guidavano facevano informazione e formazione. Anche un po’ di intrattenimento, certo, ma era una miscela ben equilibrata. Ricordo tantissimi capolavori di altissimo livello girati proprio per la tv con grandi interpreti da i “Miserabili” a i “Promessi Sposi” a tutte le opere di “De Filippo” interpretate dal Maestro in persona. Ricordo il primo TV7 con i suoi servizi incisivi e fedeli alla realtà. Infine le analisi sociali di Nanni Loi. Ricordo l’eccezionale “ Non è mai troppo tardi”.
Tutto questo e’ andato incontro ad un veloce declino in una precisa data: quella dell’avvento delle tv private e locali. Siamo alla metà degli anni 70, con più precisione nel 1976 la Corte Costituzionale permise alle emittenti private di operare via etere anche se inizialmente solo a livello locale.
Non sono un giurista e non posso dare un parere sulla correttezza della sentenza, mi limito solo a sottolineare una sequenza di eventi che a me sembrano conseguire direttamente da quanto detto !
E mi spiego: le tv locali non si finanziavano in nessun altro modo che con la pubblicità. Cioè vendendo spazi pubblicitari ad inserzionisti privati. La RAI invece aveva il canone.
Ovviamente più la trasmissione e la rete erano seguite (oggi si dice hanno un alto share) più costavano gli spazi pubblicitari e più guadagnava la proprietà della rete locale.
A questo punto si innesca il solito gioco al ribasso che domina ormai in Italia: perché devo sforzarmi io a fare programmi colti ed interessanti (e quindi costosi) se mi è più facile attrarre spettatori e quindi inserzionisti con proposte volgari e pruriginose di livello sempre più infimo. Da questo nasce il trionfo del “trash” a tutti i livelli: argomenti sempre più intriganti e provocanti, immagini sempre più manifestamente oscene, linguaggi sempre più scurrili, talk show dove gli ospiti devono essere sempre più aggressivi e tracotanti, scompare il rispetto e domina la sopraffazione verbale e qualche volta si sfocia nella aggressione fisica con immenso gaudio del venditore di spazi pubblicitari che s che dopo ogni episodio un po’ più eccessivo ci saranno “share” più alti e quindi più soldi. Più aggressivi e volgari sono gli invitati più sarà alto il seguito del programma.
Quando anche i canali nazionali si sono accorti dell’andazzo e’ stato un attimo: vendiamo anche noi spazi pubblicitari ( ma manteniamo il canone) e quindi stravolgiamo i nostri palinsesti in nome dello “share”. La qualità non paga quanto la “pruderie” di qualsiasi tipo.
Ma, torno a dire, forse molti di voi non lo sanno e non ricordano, una volta RAI TV er un servizio, e non una macchina per fare soldi.
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