Il punto di vista del Direttore Daniela Piesco

La recente decisione dell’Ospedale “San Pio” di Benevento di richiamare in servizio medici in pensione, tramite incarichi libero-professionali temporanei, è solo l’ultimo segnale — eclatante — di una crisi strutturale che attraversa l’intero sistema sanitario nazionale, e che nel Mezzogiorno assume contorni ancora più drammatici. La misura, ufficializzata attraverso un avviso pubblico per soli titoli, ha lo scopo di tamponare l’acuta carenza di personale medico presso l’Unità di Medicina d’Emergenza-Urgenza. Ma ci si deve chiedere: si tratta davvero di una soluzione o dell’estrema toppa a un sistema ormai sfilacciato?

Una scelta “straordinaria” che diventa ordinaria

Richiamare medici in quiescenza, a fronte di compensi orari da 80 euro lordi, è una scelta che denuncia, prima ancora che un’urgenza, un fallimento. Non solo della programmazione sanitaria locale, ma anche di quella nazionale. È il sintomo di un modello che ha progressivamente ridotto gli investimenti nella sanità pubblica, complice una visione miope che ha preferito il contenimento della spesa al rafforzamento dei servizi essenziali. Il fatto che solo cinque candidati abbiano partecipato a un concorso per otto posti in un reparto nevralgico come il Pronto Soccorso, dovrebbe far riflettere profondamente.

Le vere cause: tagli, migrazioni, burnout

Nel lungo periodo, tre fattori concorrono a spiegare la situazione attuale.

  1. I tagli alla sanità pubblica. Negli ultimi due decenni, il Servizio Sanitario Nazionale ha subito tagli lineari per decine di miliardi. Le Regioni, in nome del pareggio di bilancio, hanno ridotto personale, chiuso reparti, accorpato strutture. In Campania, regione storicamente penalizzata nella distribuzione del Fondo Sanitario Nazionale, gli effetti sono stati devastanti, specie nelle aree interne.
  2. La fuga dei professionisti all’estero. Secondo i dati FNOMCeO, tra il 2010 e il 2022 circa 10.000 medici italiani si sono trasferiti all’estero. I motivi? Contratti più stabili, retribuzioni più elevate, condizioni di lavoro più dignitose. In Italia, invece, si resta spesso precari anche dopo anni di specializzazione.
  3. Il burnout e la disaffezione. I medici in servizio, soprattutto nei reparti di emergenza-urgenza, sono sottoposti a ritmi massacranti, turni notturni, carichi crescenti. La pandemia ha ulteriormente peggiorato la situazione, lasciando strascichi psicologici profondi e riducendo drasticamente l’attrattività del lavoro in Pronto Soccorso.

E la privatizzazione?

A margine, ma nemmeno troppo, va considerata la progressiva privatizzazione strisciante della sanità italiana. Il Governo attuale — in continuità con quelli precedenti — spinge verso un modello che favorisce l’intervento del privato convenzionato, a scapito del servizio pubblico. Le liste d’attesa si allungano, spingendo i cittadini a pagare visite e prestazioni in regime privatistico. E mentre il personale scarseggia nei reparti pubblici, le cliniche private fioriscono, spesso con i medesimi medici in “doppio regime”.

Una toppa, non un piano

L’idea di richiamare i medici in pensione è comprensibile nell’immediato. Ma sul lungo periodo rischia di trasformarsi in una soluzione-tampone che diventa abitudine. Il paradosso è evidente: per salvare il pronto soccorso si chiedono sacrifici a chi ha già dato, mentre si continua a non investire su chi dovrebbe rappresentare il futuro della sanità.

Quanti giovani medici sceglieranno di restare in Italia se la prospettiva è un continuo stato di emergenza, con turni impossibili, contratti precari e zero tutele?

Il caso del “San Pio” è emblematico di un sistema al collasso

Non basteranno né le chiamate ai pensionati, né i bandi estemporanei a invertire la rotta. Serve un vero piano nazionale per la medicina d’urgenza, che passi per assunzioni stabili, investimenti strutturali, rivalutazione del lavoro sanitario e una visione pubblica e universalistica della salute. Senza questo, continueremo a raccontare l’emergenza come se fosse un imprevisto, quando è ormai la norma.

 

pH Pixabay senza royalty

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