L’ editoriale del Direttore Daniela Piesco 

Ci sono gesti che parlano più delle parole. E poi ci sono silenzi che gridano contro la coscienza civile. Recarsi al seggio per poi rifiutare la scheda è uno di questi: un silenzio urlato, un messaggio calcolato che non chiede ascolto, ma impone uno spettacolo. Non è dissenso: è simulacro di dissenso. Non è scelta: è diserzione travestita da protagonismo.

Nel cuore della democrazia, dove ogni cittadino è sovrano, questo gesto compie una torsione brutale del senso civico. Non contesta le regole: le piega a proprio uso. Non sfida il sistema: lo svuota dall’interno. E, come ogni atto studiato per colpire al cuore, sceglie con cura il tempo e il simbolo. Lo fa proprio ora, nel tempo sacro in cui la Repubblica celebra la propria nascita dal voto popolare.

È un atto che non si limita a rifiutare una scheda: rifiuta una responsabilità. La responsabilità di dire, di scegliere, di esserci davvero. Perché chi rifiuta la scheda senza rinunciare alla scena non si allontana dal potere: ne abusa. Indossa la maschera del cittadino per recitare il monologo del leader. Trasforma il seggio in un palcoscenico, e la democrazia in un copione scritto per altri fini.

Ma la Repubblica non è una comparsa, né un ornamento da esibire nei giorni comandati. È carne viva di popolo, voce collettiva, tensione continua tra diritto e dovere. E ogni tentativo di svuotarla è un’offesa alla storia, un oltraggio al futuro.

Per questo, l’8 e 9 giugno, il gesto più radicale, più limpido, più giusto sarà votare.
Non per obbedienza, ma per resistenza.
Non per conformismo, ma per passione civile.
Non per accettare, ma per incidere, per trasformare, per rivendicare la nostra parte nella scrittura della storia.

Ogni “Sì” sarà più di un’opinione: sarà un atto di coraggio.
Una rivolta gentile contro l’indifferenza.
Una risposta chiara a chi confonde la leadership con l’immunità dal dovere.
Un’affermazione limpida di presenza, mentre altri recitano l’assenza.

La democrazia non si protegge chiudendo gli occhi: si difende mettendo la firma.
Nel silenzio dei seggi, ogni croce sarà un suono. Ogni voto, una testimonianza.
E ogni urna, il luogo in cui l’Italia può ancora scegliere di essere se stessa.

Perché il diritto di voto è sacro non solo per ciò che permette, ma per ciò che esige:
presenza vera, parola piena, l’onore di contare.

Ogni scheda marcata è un grido silenzioso che la storia saprà ascoltare.

Perché chi diserta la scelta, consegna il futuro.
E chi vota, lo strappa dalle mani sbagliate.

 

pH Pixabay senza royalty

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