“Il potere non corrompe. Il potere rivela.” — Robert Caro
Karol Nawrocki, il nuovo presidente polacco dal 6 agosto 2025, rappresenta una svolta inquietante per la Polonia, l’Europa e la NATO. Storico revisionista e figura costruita dal partito di estrema destra Diritto e Giustizia (PiS), Nawrocki incarna un nazionalismo autoritario che rilancia una politica di chiusura, sospetto e riscrittura ideologica della storia, mettendo a rischio le fondamenta democratiche di Varsavia e la stabilità regionale.
La narrazione che trionfa sull’esperienza e sulla realtà
Nawrocki non ha esperienza politica, ma ha saputo usare la macchina della propaganda e della narrazione identitaria per emergere. Il suo passato alla guida dell’Istituto della Memoria Nazionale è stato la fucina di una revisione storica parziale e ideologica, che alimenta una retorica anti-sovietica e anti-sinistra, ma soprattutto nazionalista e conservatrice.
Nonostante scandali personali e accuse gravissime — dal sospetto sfruttamento alla complicità con ambienti neonazisti — la sua figura è stata impenetrabile agli attacchi mediatici, grazie a un blocco mediatico compiacente e a una campagna elettorale fondata su slogan rozzi ma funzionali: “prima la Polonia, prima i polacchi”.
Un presidente sovranista in bilico tra NATO e Russia
Formalmente, la Polonia resta il cuore militare della NATO sull’Est europeo. Ma la presidenza Nawrocki segna una rottura profonda con la tradizionale linea atlantista. Il nuovo presidente ha infatti espresso posizioni ambigue e contraddittorie: da una parte attacca la Russia, dall’altra ostacola l’ingresso dell’Ucraina in NATO e UE, mentre coltiva rapporti con figure della destra radicale americana come Donald Trump.
Questo doppio binario riflette un’idea di “sovranismo armato”, in cui la forza militare non è più strumento di cooperazione, ma leva identitaria, simbolica, divisiva.
Putin e il rischio della destabilizzazione
L’ambiguità di Varsavia è un regalo per il Cremlino, che da anni usa il divide et impera per indebolire il fronte occidentale. La leadership di Nawrocki potrebbe offrire a Putin una via per minare l’unità della NATO dall’interno, favorendo la disgregazione delle alleanze e l’erosione del consenso europeo verso la guerra in Ucraina.
Mosca osserva, attende, insinua: ogni frattura tra i membri dell’Occidente è per Putin una breccia geopolitica da ampliare.
L’Italia: paralisi e viltà politica in un momento cruciale
E mentre in Europa si gioca una partita decisiva, la politica italiana resta intrappolata nel suo infantilismo strategico. Abbiamo ministri che si atteggiano a influencer, opposizioni che confondono la critica con la lamentela, e leader che preferiscono la visibilità alla responsabilità.
Quando avremo anche noi una classe dirigente che non vuole piacere, ma fare bene, che non rincorre la propaganda ma si occupa concretamente dell’interesse nazionale?
L’Italia oggi manca di una visione chiara su sicurezza, difesa, politica estera. Siamo un paese fondatore dell’UE e una potenza del Mediterraneo, eppure ci comportiamo come un comprimario indeciso, che cambia postura in base al vento del consenso.
La verità che non vogliamo affrontare
E qui si apre la questione più profonda. Mentre tutti parlano di pace, nessuno ha il coraggio di dire la verità: la pace non si costruisce con più armi, ma con meno. Si capirà che si vuole davvero la pace solo quando il linguaggio della dissuasione militare sarà sostituito da quello del disarmo reciproco, quando i governi sceglieranno il negoziato strutturale invece della deterrenza permanente.
Non accadrà finché gli arsenali continueranno a crescere, finché si useranno le paure per giustificare le spese militari e i confini per demonizzare i popoli. La vera pace comincia quando la fiducia tra Stati è più forte della minaccia, quando si abbandona la logica dell’escalation e si investe in diplomazia, cooperazione, istruzione, memoria condivisa.
Ma per farlo, servono leader diversi da quelli che dominano oggi il panorama europeo e italiano. Servono visioni, coraggio, e una volontà reale di emanciparsi dal ricatto eterno della guerra “inevitabile”.
Il bivio per l’Europa
La Polonia con Nawrocki è al bivio tra un ruolo centrale e costruttivo e una deriva autarchica e tossica. Per l’Europa è un segnale d’allarme. Per l’Italia, una chiamata al risveglio.
Perché continuare ad aumentare le spese militari mentre si tagliano sanità, scuola e giustizia? Perché usare la guerra come alibi eterno per non fare mai vera politica di pace?
Quando — e solo quando — un paese avrà il coraggio di smilitarizzarsi per davvero, e non a parole, allora sapremo se vogliamo la pace o se siamo condannati ad amarla solo nei discorsi commemorative.
pH Pixabay senza royalty