Si impara a scuola esplorando la grande letteratura, aggirandosi tra la sublime poesia, vivisezionando le passioni di eroi ed eroine, inseguendo i destini di uomini e donne nei tempi della storia e lasciando sedimentare nella propria coscienza i drammi individuali e collettivi e le lotte tremende durate da uomini e donne, popoli e individui per abbattere ambiguità ed ipocrisie, fedi ed eresie, violenze ed avidità che tutto hanno avvolto e fatto precipitare verso destini di morte, di rabbia, odio e tuttavia suscitando al contempo un’irrefrenabile voglia di riscatto, evocando la forza del pentimento e del perdono, rivelando i faticosi percorsi di espiazione e rinascita ed alimentando la cultura dell’amore, della pietà, della compassione per liberare tutta intera l’umanità dall’abbrutimento della violenza.
Prendete l’Orlando Furioso, lasciate andare la fantasia oltre i grovigli della realtà che vi irretisce e provate ad aggirarvi non visti tra i castelli cristiani ed i palazzi saraceni, osservatene la vita, lo sferragliare delle armature, le rudi discussioni e le piacevoli conversazioni, fatevi ammaliare dall’impeto dei sentimenti e seguite, senza farvene travolgere, le guerre ed i duelli che da ogni parte irrompono e quindi, appena vi passerà accanto, saltate, come un reincarnato Bastiano Baldassarre Bucci, in groppa all’ippogrifo per andare con Astolfo a cercare il cervello smarrito di Orlando divenuto furioso per l’amore non corrisposto della diafana Angelica innamorata del mite Medoro che salverà da morte sicura e condurrà con sé in oriente incoronandolo re del suo bel regno mentre Orlando peregrina, dimentico del suo valore e del suo onore, seminando distruzione, lutti e dolori intorno a lui.
Astolfo vi chiederà di aguzzare la vista in tanta ardua ricerca e finalmente tra le valli ed i crateri lunari troverete il cervello di Orlando e con esso tornerete solleciti sulla terra a restituire saggezza all’eroe cristiano che a Roncisvalle assurgerà alla grandezza di eroe immortale.
“Le donne, i cavalier, l’arme, gli amori, / le cortesie, l’audaci imprese io canto
che furo al tempo che passaro i Mori / d’Africa il mare, e in Francia nocquer tanto, /seguendo l’ire e i giovenil furori / D’Agramante lor re che si diè vanto
di vendicar la morte di Troiano / sopra re Carlo imperatore romano.
Dirò d’Orlando in un medesimo tratto / cosa non detta in prosa mai né in rima
che per amor venne in furore e matto / d’uom che sì saggio era stimato prima …
E magari fermatevi, di ritorno, sotto le mura di Gerusalemme … È notte, due cavalieri si affrontano in un duello furibondo. Uno è saraceno e l’altro cristiano. Una nera figura, sconosciuta, si contrappone alla bianca armatura. Cade infine la nera armatura. Il bianco cavaliere vuol conoscere il nome del valoroso guerriero. Il fiato gli muore in gola a quel nome che ella pronuncia morendo… Clorinda. Tancredi vuol morire pur’egli e crolla accanto alla donna da sempre amata oltre la fede e la maledetta guerra che cinge le mura di Gerusalemme.
…
È nel groviglio delle passioni e dei sentimenti declinati e dipanati da scrittori e poeti in ogni epoca che si nasconde la chiave per mettere ordine nella vita di tutti i giorni di ragazzi e ragazze alle prese con una realtà sempre più difficile da decifrare perché quei ragazzi e ragazze sono privi delle necessarie chiavi per entrarci, camminarci, districarcisi senza farsi male, senza fare male.
Inserire l’insegnamento di una materia specifica che spieghi cosa è come funziona la sessualità e con quali arcani meccanismi questa interseca pulsioni, passioni e sentimenti magari imbrigliata entro assurdi paletti perbenisti e conformisti?
È la dichiarazione di un fallimento conclamato di una società che ha rinunciato alla cultura e che ha derubricato la scuola e l’università a inutile superfetazione istituzionale la cui gestione va relegata nella sfera manageriale per contenerne i costi e sfornare quel minimo di competenze buone per massimizzare i ricavi delle aziende che penseranno a tutto il resto che poi, quel resto, attiene sempre alla minimizzazione dei costi ed alla massimizzazione degli utili aziendali.
In un contesto degradato in cui si mette in discussione il sapere, si marginalizza lo studio della storia e della filosofia e si derubrica come non necessaria la geografia fisica, umana mentre si accentua tutto ciò che risponde al computo dei costi e dei benefici e si ignora il faticoso incedere degli individui e dell’umanità, l’inserimento curricolare di una materia che illustri e spieghi sesso e sentimenti è il rimedio necessario immaginato da una società incapace di attivare percorsi esperenziali e di conoscenza che necessariamente devono intersecarsi.
Essa, per la verità può addirittura apparire indispensabile, magari liberata da inutili e pericolosi orpelli, laddove non solo i ragazzi ma anche gli adulti non hanno più contezza del valore della parola perché ignorano la bellezza della lingua, massacrata dagli adulti e disseccata da una confortevole pratica scolastica che ha eliminato ogni sforzo ed ogni esercizio teso ad arricchire il proprio vocabolario e ad allenare la propria capacità di scandagliare con le parole i propri sentimenti e dare ordine alle proprie idee.
L’intrattenimento becero ha fatto il resto mentre i nuovi strumenti digitali han finito per assolvere ad una funzione sostitutiva della lingua, dell’eloquio, del confronto. Simboli e faccette, immagini e avatar han sostituito le parole e addirittura quel minimo di ragionamento necessario a mettere in fila qualche frase e costruire un periodo atto ad esprimere un pensiero. Ovvio che in situazioni di stress, allorché si evidenzia l’incapacità di capire, descrivere, raccontare, semplicemente esprimere una qualsiasi reazione, prevale l’istinto della violenza che poi è la legge della giungla in cui si afferma la violenza del più forte in quel momento.
Insomma siamo al punto in cui è diventato più facile scagliare una pietra, usare un coltello, premere un grilletto, in una parola sopraffare colei che per un rifiuto, è diventata nemica da abbattere, uccidere.
D’altronde è quel che succede ovunque nel mondo a livello collettivo.
Il dialogo ed il confronto sono stati ovunque sostituiti dalle armi e dalle guerre.
Morte e sopraffazione è la legge che regola i conflitti tra le nazioni.
Morte e sopraffazione è anche la legge che regola i conflitti tra i ragazzi, ormai anch’essi, come quelle, privi della capacità di discutere ed accettare il punto di vista degli altri.
In un contesto del genere insegnare il funzionamento del sesso e le regole dei sentimenti a scuola è come mettere una toppa su un vestito pieno di buchi il cui tessuto è talmente consunto e sfibrato che ad ogni passaggio di ago si rovina ulteriormente.
Essa non serve che a mettere in pace l’anima e la coscienza di quanti, governanti e potenti, da quarant’anni a questa parte non han fatto altro che picconare la cultura, scardinare la lingua, impoverire il linguaggio, disseccare il lessico e atrofizzare ogni capacità di scavo, comprensione e descrizione dei propri sentimenti e degli altrui al pari di quelli collettivi. Di quanti anche, genitori, intellettuali, classi dirigenti, istituzioni, han lasciato che tutto questo avvenisse senza colpo ferire, subendo e ritirandosi magari in uno splendido isolamento o peggio nella difesa del proprio cinico edonismo . Con la conseguenza che adesso si cerca la scorciatoia che ahimè non porterà al traguardo di formare nuove generazioni alla responsabilità fatta di capacità di comprendere, parlare, confrontarsi che certo potrà beneficiare di una maggiore e più sistematica conoscenza del sesso e dei sentimenti ma non potrà fare a meno di una lingua, un linguaggio, un lessico, una sintassi ed una grammatica tutta roba che si apprende giorno dopo giorno, anno dopo anno, sin dall’asilo e fino all’università e per sempre anche dopo l’università, praticando la cultura, imparando a scavare nella storia e nella geografia, nella letteratura, nelle scienze e nelle matematiche, arricchendo il proprio eloquio e la propria capacità di analisi e sintesi ed abituando la propria coscienza al dubbio ed al confronto, alla scoperta, al bello ed al fantastico, al razionale ed al pragmatico.
Tornando a studiare, a leggere, ad allenare la mente e sviluppare le proprie capacità di comprensione, confrontandosi e mettendo ordine alle proprie idee e facendo valere i propri punti di vista con le parole scritte e dette non con la violenza.
Si tratta di prendere atto che il vestito di questa società è logoro e ormai non rattoppabile e che pertanto va cambiato cercando nuovi tessuti e nuovi sarti che sappiano imbastire, mettere in prova, dare la giusta forma. Vale per i ragazzi, vale per gli adulti, vale per i popoli e le nazioni. L’alternativa in caso contrario è la guerra e la distruzione dell’umanità a livello globale e la violenza gratuita a livello individuale con il destino dei più deboli, ragazze e donne in questo caso, irrimediabilmente segnato.
Ad Assoroun paesino sui monti Erei nel cuore continentale della Sicilia, quella un tempo abitata dai Sicani, vi è una lunghissima scalinata che cuce la parte bassa e la parte alta del paese. Ci arrivai con un gruppo di camminatori siciliani percorrendo il Cammino di San Giacomo.
Ci eravamo arrivati attraverso il vecchio tratturo che seguiva il tracciato della prima ferrovia a scartamento ridotto che ad inizio novecento provò a dare sollievo a quella gente che scendeva dal monte alla valle a scavare zolfo nei pozzi delle miniere. Su quella scalinata le ragazze ed i ragazzi di Assoro vi avevano scritto i nomi delle donne vittime di violenza femminicida nella speranza che finisse una volta per tutte quell’elenco. Fu facile per noi notare che quella scalinata pietosa conteneva, ahimè, molti spazi ancora vuoti ed anche noi ci augurammo, salendo uno ad uno quei gradini, che essi potessero rimanere per sempre vuoti e magari abitati da poesie. Speranza che quotidianamente viene strozzata.
E pure è quella la strada.
“Chiare, fresche et dolci acque, / ove le belle membra / pose colei che sola a me par donna” scriveva Petrarca e Dante aggiungeva “tanto gentile e tanto onesta pare / la donna mia, quand’ella altrui saluta / ch’ogni lingua devèn tremando muta / e li occhi non l’ardiscon di guardare”…
Di contro Anna Karenina travolta dall’ipocrisia di una società maschilista in sfacelo poneva fine ai suoi giorni immolandosi in sacrificio magari nella speranza che la sua morte si tramutasse in seme fecondo per un’umanità nuova e capace di innocenza.
Maria d’Avalos la mattina del 17 ottobre 1590 venne, dal canto suo, trafitta dalla lama di colui che si proclamava suo sposo mentre urlava il suo diritto all’amore senza infingimenti ed ipocrisie anche in questo caso subendo la violenza della morte quale prezzo della ribellione al prevaricante dominio di una società sacrilega quanto bigotta.
Allora è tempo che non si aggiungano altri nomi alle scalinate che contengono gli interminabili elenchi dei femminicidi.
È tempo che la società ritrovi l’innocenza ed è tempo che finalmente la cultura vesta le coscienze dei ragazzi nella speranza che gli adulti la smettano di cercare inutili toppe e finalmente intraprendano la strada maestra restituendo senso e ruolo alla cultura magari provando a riscoprirla essi pure per esempio lasciando che scuola e università tornino a segnare in autonomia i propri percorsi, liberandole delle assurde ipoteche aziendaliste imposte da un potere economico deviato e lasciando che nuove generazioni crescano e informino di sé la società prossima ventura al riparo da ogni deriva di impoverimento linguistico e culturale. Perché, parafrasando Orwell, se togliete ad un ragazzo la padronanza della lingua e della cultura che la esprime, gli avrete tolto ogni libertà, prima tra tutte quella di capirsi e di capire e conseguentemente comportarsi nel rispetto di sé e degli altri… sarebbe un bel passo avanti per cambiare anche il destino della comunità in cui ragazzi e ragazze vivono e della società che la esprime e la contiene. E, perché no, dell’umanità tutta intera.
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