Di Paola Francesca Moretti 

Negli ultimi tempi un fenomeno preoccupante ha attirato l’attenzione di esperti di diversi campi: psicologi, educatori, sociologi, politici, ovvero, l’aumento degli omicidi tra i giovani. Sembra quasi una loro nuova tendenza per risolvere questioni frustranti e che non solo mette in luce una crisi profonda nella nostra società ma solleva anche interrogativi su cosa possa portare a comportamenti così estremi e su come possa essere affrontata tale problematica. Quali potrebbero essere le cause sottostanti agli agiti violenti e le possibili soluzioni?
Le ragioni dietro al crescente numero di omicidi perpetrati da giovani sono molteplici e spesso connesse. Innanzitutto, è fondamentale considerare l’influenza dei contesti socio-economici. Molti ragazzi crescono in situazioni di povertà e disagio, dove la mancanza di opportunità può portare a scelte sbagliate. La violenza, purtroppo, può diventare una risposta a insoddisfazioni accumulate o a conflitti irrisolti.
In secondo luogo, l’impatto dei social media gioca un ruolo significativo. Le rappresentazioni della violenza nei film, nei videogiochi, sui siti web possono normalizzare comportamenti aggressivi. I giovani, impressionabili e in cerca di identità, possono assimilarli come modelli da seguire.

Un’altra causa è il deterioramento dei legami familiari. Famiglie disfunzionali, caratterizzate da conflitti o assenza di figure genitoriali stabili, possono contribuire a un senso di isolamento e a un’incapacità di gestire le emozioni. Questi fattori combinati possono spingere alcuni giovani verso comportamenti distruttivi.
Il termine “giovani assassini” porta con sé un carico di stigmatizzazione che può influenzare negativamente la vita di molti adolescenti. Questi ragazzi, spesso già segnati da esperienze traumatiche, possono sentirsi ulteriormente alienati dalla società. Questa stigmatizzazione non solo complica la loro reintegrazione ma alimenta anche un ciclo di violenza e disuguaglianza. È fondamentale, quindi, utilizzare un contatto empatico per aiutare a ridurre i pregiudizi, offrendo aiuto e supporto a chi è in difficoltà.
Affrontare il problema degli omicidi tra i giovani richiede un approccio multidimensionale. Prima di tutto, è fondamentale investire in programmi di prevenzione che promuovano abilità sociali e gestione dei conflitti. Attività extracurricolari, sport e iniziative creative possono dare ai ragazzi un senso di appartenenza e opportunità di esprimersi in modo positivo.
Inoltre, è essenziale rafforzare il sostegno psicosociale nelle scuole e nelle comunità. Psicologi ed educatori dovrebbero essere facilmente accessibili per i giovani in difficoltà. Creare spazi sicuri dove i ragazzi possano confrontarsi e ricevere aiuti concreti può fare la differenza. Ė fondamentale coinvolgere le famiglie. Programmi educativi che aiutino i genitori a sviluppare competenze relazionali e comunicative possono contribuire a costruire un ambiente familiare più sano. La partecipazione attiva della comunità è decisiva per creare una rete di sostegno allo scopo di prevenire comportamenti violenti.
L’aumento degli omicidi tra i giovani è una questione complessa che richiede attenzione e azione. Comprendere le cause alla base di questo fenomeno è il primo passo per trovare soluzioni efficaci. Investire nei giovani, nelle loro famiglie e nelle associazioni di sostegno è essenziale perché reagire con comportamenti assassini non può e non deve divenire la risposta accettabile ai problemi.
La vita della 14enne Martina Carbonaro è stata spenta dalla mano assassina del fidanzato, 19enne, reo confesso. Il ragazzo l’ha colpita a morte perché lei le ha rifiutato un abbraccio. Che tipo di personalità si cela dietro un simile agito? A seguito dell’ennesimo omicidio commesso da un giovane, quali provvedimenti prenderanno i leader politici? Ho ascoltato le loro interviste e si sono detti pronti a una collaborazione. Posso davvero sperare in una loro coesione per la realizzazione di soluzioni concrete, efficaci e durature?

 

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