di Mary Grace Ovedi

“MORTE TRA LE STELLE”
una raccolta di racconti noir dedicata al lato oscuro dei Segni dello Zodiaco

È scritto, da qualche parte, a lettere rutilanti, luminose e indelebili, nel tempo, nelle stelle, nel mio DNA o nel destino, non so: io, Justus, ho un compito da svolgere.
Perché io non sono come tutti gli altri, destinati a viversi addosso, a confrontarsi e a crogiolarsi nel loro microcosmo, a badare ai fatti propri, ai propri miserabili interessi materiali.
Perché io sono fatto per grandi cose, per grandi ideali.
Perché io ho la visione intera e globale dell’universo.
Perché io so cosa è meglio per tutti e sono in grado di districare e risolvere i problemi di tutti.
Perché io ho le risposte per tutti.
La mia lungimiranza, il mio saper prevedere, presagire, prevenire, fanno di me un capogruppo, un leader, un condottiero, un trascinatore, un pifferaio magico.
Ideali, libertà, giustizia, sono concetti che solo attraverso me raggiungono una loro completezza, un loro significato, un loro senso. Perché io sono obiettivo, al di sopra delle parti e degli interessi, puro e incorruttibile,coerente, leale, altruista.
Io agisco nel nome di tutti e per tutti, perché sono colui che sa, colui che comprende, colui che vede ciò che sarà.
Pensate che io pecchi di superbia, di egocentrismo, di solipsismo? No, assolutamente no!
Perché io non lo faccio per me stesso, per il mio tornaconto personale. Lo faccio perché è la mia ragione di vita. È il senso della mia vita, predestinata a tutto ciò.
Io sono il cavaliere errante, pronto a difendere la donzella in difficoltà. Sono il
rivoluzionario alla testa del gruppo insurrezionale. Sono il capo indiano che difende la sua gente e la sua terra. Sono la voce della coscienza. Sono il figlio dei fiori con le ghirlande ed i cartelli contro le guerre capitalistiche, contro le ingiustizie, contro i soprusi. Sono l’idealista di un mondo giusto, libero, galantuomo e leale.

Ma dove sono? Cosa faccio qui, solo? In questa terra desolata, in questo luogo di morte, sotto questo cielo sanguigno e inquietante, tra miasmi putrescenti d’oltretomba?

Le mie non sono utopie. Sono piccoli e grandi progetti per salvare il mondo, e coinvolgono piccole e grandi masse di persone e cose.
Perché è questo il grande e sublime compito scritto nelle stelle, scritto nel mio DNA: salvare il mondo, salvare l’umanità.
Certo, non sempre è semplice da attuare. Non tutti sono consapevoli della mia grande lungimiranza. Non sono, come dire, fiduciosi o consenzienti. Il che rende necessario, a volte, ricorrere alla mia forza di volontà, al mio carattere, al mio carisma. Non che mi costi un grande sforzo, per la verità, perché con la mia dialettica riesco ad ipnotizzare e catturare anche le menti più reticenti.
Sono il pifferaio magico e con poche note, coerenti ed appropriate, riesco a trascinarmi dietro sciami di seguaci.
È quasi tutta gente debole, in verità, di poca iniziativa, di poca essenza, gregge, massa senza identità, senza carattere, senza o con poche idee, non lo metto in dubbio, ma proprio per questo ha così bisogno di me, della mia parola, della mia guida.
Io agisco per loro conto. Mi faccio carico della loro debolezza, delle loro lacune, della loro ignoranza, delle loro paure, della loro dignità, dei loro diritti.
Le mie battaglie le ho sempre vinte. In prima linea, con l’ordine giusto, con le parole giuste, con l’incitamento giusto. Per il giusto fine, per il giusto ideale. Contro i soprusi, contro il bieco moralismo interessato, contro l’ingiustizia, contro tutto. Anche contro i mulini a vento.
Perché non mi manca certo il coraggio e neanche la vista.
E chi lo dice poi che (camuffati da innocui e romantici mulini a vento) non guatino, pronti all’imboscata, giganteschi mostri con aguzzi e velenosi denti?
Qualche voce in sottofondo, qualche sussurro dietro le quinte, qualche risolino in sordina?
E chi se ne cura!
Solo gli sciocchi, gli ottusi, i retrogradi, i conservatori, sono capaci di tali meschine critiche.
Ma li capisco, li compatisco. La loro vista è molto limitata, non arriva neanche a vedere o soltanto ad immaginare di vedere i mulini a vento, figurarsi quello che c’è dietro!
Per loro, così aridi, senza ideali, senza curiosità, senza immaginazione, senza poetica, senza creatività, senza lungimiranza, io appaio come il Don Chisciotte: dinoccolato, patetico, visionario, che si ostina contro ogni evidenza verso il suo insensato fine, verso la sua utopia, verso la sua isola che non c’è.
Non si accorgono d’esser loro, invece, troppo bassi, troppo infimi, troppo ipocriti, proprio come la volpe della favola, per poter ammettere di non riuscire ad arrivare alla metaforica uva. L’uva che, essendo per loro irraggiungibile, diventa, solo per questo motivo, disprezzabile.
Non si rendono conto che l’uva bramata e non raggiunta costituisce una terribile sconfitta. Chi mi segue e mi esegue lo sa.
Il mio compito è ben più elevato, è universale, per attardarsi o lasciarsi distrarre o deviare da queste inezie terra-terra.

Ma ora mi guardo intorno e vedo solo questa landa desolata, inquinata, putrida, velenosa, tossica, miasmica, e mi tortura e mi strazia l’ossessivo, inarrestabile, perentorio “ordine” che non abbandona i miei pensieri e la mia volontà: salvare il mondo, salvare l’umanità.
E vago con lo sguardo, incapace di comprendere, incapace di accettare ciò che i miei occhi inorriditi e increduli non possono non vedere. E mi chiedo, è questo il compito che avevo da svolgere? È questo quello che era scritto nelle stelle, nel mio DNA? È per questo che è in me la lungimiranza?

Il mio compito è senz’altro superiore, perché c’è in me la lungimiranza.
Conoscete il significato di questa parola? Ebbene, vuol dire guardare lontano, vedere lontano, nel futuro, prevedere e quindi provvedere per tempo, in anticipo. Significa avere la coscienza di ciò che sarà e muoversi di conseguenza per cambiare o meglio per pianificare e organizzare, ottimizzare tutto ciò che sarà.
Soltanto una mente equilibrata, aperta, libertaria, leale, idealista, può assumersi una responsabilità del genere. Un “trascinatore” egocentrico, alimentato dal fascino oscuro di questo potere, sarebbe un pericolo inarrestabile, catastrofico, per tutta l’umanità.
Non è il mio caso, ovviamente.
Io sono solare, sono positivo, sono ottimista.
Per questo non c’è tregua per me, né riposo.
A volte vorrei fuggire, dormire, dimenticare, far finta di non vedere, di non sentire, di non capire. Ma come si possono chiudere gli occhi della lungimiranza? Come si può chiudere il “terzo occhio” della mente?
Perciò, mio malgrado, salgo sul mio destriero, con la lancia tratta, e parto al galoppo verso il mio destino.
C’è sempre qualcuno in difficoltà, o qualcosa che ha bisogno di essere indirizzata, organizzata, diretta. Mi riferisco anche alle piccole cose, anche alle piccolissime. Perché io sono come il ragno al centro della ragnatela, da cui parte non solo la struttura, lo scheletro della ragnatela, ma anche i più minuscoli fili, i più sottili e periferici legamenti.
Tutto dipende da me, da una mia mossa, da una mia indicazione. Sono io che creo il mio codazzo, il mio sciame, e che lo muovo.
Ma verso il mio codazzo, verso il mio sciame, sono leale, sono fedele, sono prodigo.
Tutte le mie energie, il mio sapere, la mia esperienza, la mia creatività, la mia lungimiranza, io la dono ai miei seguaci, senza nulla chiedere o avere in cambio se non la consapevolezza di aver allargato il loro orizzonte, di aver loro mostrato la libertà, la giustizia, o più universalmente il senso della vita, la sua naturalità, la sua bellezza, il suo mistero, la sua poesia, la sua grandiosità.
È il mio compito e non me ne posso esimere.
Ma continuo a ripetermelo per non gridare, per non impazzire. Era scritto, era scritto nel tempo, ed io non avrei potuto cambiarlo. Era nel mio DNA, era nelle stelle.
Era il mio compito ed io ero preparato ad eseguirlo. Mai mi sono tirato indietro. Mai pensavo fosse questo… Ma ora lo so. Il mio compito da svolgere era qui, in questo luogo. Ora, in questo momento. In questa desolata terra, sconfinata, degradata e putrescente, tra fumi tossici e piogge acide. Qui, sotto questo cielo scuro e inquietante, tra lampi di energia cosmica o infernale… Ma che cos’è quel prisma distorto, annerito eppure baluginante di sinistri bagliori, ancora in qualche modo assurdamente in piedi in questa desolazione?
Mi avvicino… Aggiro un grande cratere dagli orli slabbrati, quasi un morso feroce nella terra di un mostro indicibile. E vedo… ossa biancheggiare?
No, non sono ossa…
Con un calcio spalanco quel che rimane della porta semi divelta di una grande serra.
Entro: no, non sono ossa, sono fiori!
Centinaia, migliaia di fiori bianchi, incredibilmente rigogliosi, tutti bianchi, tutti gigli bianchi…
Sono qui, ad adempiere al mio compito: dinoccolato, patetico, visionario? No!!!
Ridicolo? No!!!
Solo? Questo sì.
Solo, unico superstite, unico occhio lungimirante, coerente con me stesso, unico utopista, puro, incorruttibile, fedele a me stesso ed alla mia missione nella vita: svolgere il mio compito, qualsiasi esso sia!
Voi, che guardate da un’altra dimensione, o da un universo parallelo, voi che sicuramente avete il “terzo occhio”, voi senz’altro lo vedete scritto a lettere luminescenti e rutilanti: “JUSTUS HA UN COMPITO DA SVOLGERE NELLA SUA VITA. NON CI SARA’ NÉ TREGUA, NÉ RIPOSO, NÉ PACE PER LUI FINCHE’ NON LO AVRA’ ADEMPIUTO”.
È così? Vi prego, voi che lo vedete, confermatemelo.
È questo il compito che avevo da svolgere?
Cogliere infiniti gigli bianchi per le tombe di chi mi avrebbe seguito fino in fondo, fino all’ultima battaglia, qui, sulla Collina della Morte?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.