Roma, 15 mag. (Adnkronos Salute) – In Italia vivono dopo una diagnosi di tumore 3,7 milioni di persone, il 6,2% dell’intera popolazione, 1 italiano su 16. Il 63% delle donne e il 54% degli uomini sono vivi a 5 anni dalla diagnosi e almeno 1 paziente su 4 è tornato ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione generale e può ritenersi guarito. Per rispondere ai nuovi bisogni delle persone colpite dal cancro, la svolta è rappresentata dalla legge di Bilancio per il 2025 (legge 30 dicembre 2024, n. 207), che sancisce in modo esplicito il principio della partecipazione delle organizzazioni dei pazienti alle funzioni strategiche del Servizio sanitario nazionale. La norma apre la strada al coinvolgimento strutturale e istituzionalizzato delle associazioni all’interno delle reti oncologiche regionali (Ror), secondo il modello delineato da Favo (Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia) insieme ad Agenas. La Favo lo ha ricordato oggi a Roma durante la presentazione del 17° Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, nell’ambito della XX Giornata nazionale del malato oncologico, promossa da Favo e dalle centinaia di associazioni federate.
Il report avanza richieste precise. Perché le Ror raggiungano in tutto il Paese una piena operatività e gli obiettivi previsti anche dal Piano oncologico nazionale (Pon), sono indispensabili: la nomina e l’inizio dell’attività del Coordinamento generale delle reti oncologiche (Cro), come previsto dall’Intesa Stato-Regioni relativa al Pon del 26 gennaio 2023; la definizione e la disponibilità di adeguate risorse necessarie per lo sviluppo e l’attività delle reti oncologiche; la condivisione di una cultura e di una politica di rete, che si esplichi negli atti amministrativi e nella programmazione regionale; la messa in pratica effettiva della partecipazione delle associazioni dei pazienti.
“Con la legge di Bilancio per il 2025, le organizzazioni dei pazienti e le loro federazioni diventano parte attiva del sistema sanitario – spiega Francesco De Lorenzo, presidente Favo – La presenza delle associazioni nelle Ror grazie a Favo è ormai da anni un elemento riconosciuto come essenziale. Vogliamo continuare la nostra battaglia per il consolidamento delle reti quale modello organizzativo capace di rispondere alle principali criticità dell’oncologia: inappropriatezza, tempi di attesa, disuguaglianze”. Aggiunge Americo Cicchetti, direttore generale della Programmazione del ministero della Salute: “Quasi 1 anno fa ho avuto l’onore di annunciare l’intesa raggiunta con le Regioni per l’istituzione del Cro, uno strumento fondamentale per irrobustire il percorso di programmazione delle reti oncologiche anche in attuazione del Pon. Dopo un (troppo) lungo percorso di revisione, sono lieto di annunciare che il nuovo Dm è stato adottato dal ministro Schillaci il 10 aprile 2025 e che a brevissimo – dopo la registrazione presso la Corte dei conti attesa a giorni – potremo convocare la prima riunione”.
“La composizione del Cro – prosegue Cicchetti – vedrà al fianco del ministero della Salute, oltre ad Agenas, Iss, Aifa, agli esperti nominati dal ministro e a un rappresentante delle associazioni già individuato nel professor De Lorenzo, anche i 21 referenti responsabili delle reti oncologiche regionali. Ci dotiamo di un modello di condivisione inedito che, unitamente allo sforzo di monitoraggio dell’Agenas, rappresenterà lo strumento per programmare e coordinare al meglio gli interventi in ambito oncologico ottimizzando l’uso delle risorse a beneficio dei pazienti, delle famiglie, degli operatori e dei ricercatori in tutto il Servizio sanitario nazionale”.
“I bisogni dei pazienti oncologici sono in continuo cambiamento, dal punto di vista quantitativo e qualitativo – afferma Francesco Perrone, presidente Aiom, Associazione italiana di oncologia medica – Siamo passati da una fase quasi esclusivamente ospedaliera ad attività che interessano e si integrano con l’assistenza territoriale. Una nuova organizzazione più performante per l’oncologia è richiesta anche da valutazioni epidemiologiche. La Ror è riconosciuta come il modello organizzativo più indicato per la presa in carico dei pazienti oncologici e rappresenta lo strumento più efficace per il governo e per il controllo della mobilità inter-regionale”.
La spesa e il volume dei ricoveri in mobilità effettiva – è stato ricordato durante l’incontro – costituiscono una quota significativa per l’Italia, con un totale complessivo di 2 miliardi di euro nel 2022. “Emilia Romagna, Lombardia e Veneto nel 2022 sono risultate le Regioni più attrattive, anche per le patologie oncologiche, assorbendo il 56% dei ricavi complessivi di mobilità attiva – evidenzia Carmine Pinto, coordinatore della Rete oncologica dell’Emilia Romagna – Se si osserva l’indice di fuga, è più alto al Sud e questo valore diminuisce procedendo verso il Nord (Sud 13,36%; Centro 10,30%; Nord 8,85%). Uno degli elementi che può influenzare la mobilità è l’assenza di definite modalità di accesso del paziente oncologico al Ssn, con percorsi appropriati” dalla diagnosi alla riabilitazione nelle “sedi più adeguate per le specifiche prestazioni. Nel 2022, su un totale di circa 2 miliardi di euro scambiati in mobilità effettiva, più della metà ha riguardato Regioni confinanti. E’ indispensabile oggi, per permettere l’accesso a servizi di qualità ed in tempi adeguati, una migliore organizzazione e implementazione dei percorsi assistenziali, della gestione delle cronicità, dell’assistenza ospedaliera e territoriale. Tutto questo è permesso e ottimizzato nelle Ror”. Proprio “la piena realizzazione delle reti oncologiche può migliorare anche l’appropriatezza e l’approccio multidisciplinare – sottolinea Massimo Di Maio, presidente eletto Aiom – La collaborazione multidisciplinare consente una visione più completa delle opzioni terapeutiche disponibili, riducendo il rischio di trattamenti inappropriati o inefficaci. L’appropriatezza prescrittiva in oncologia è anche influenzata dalla disponibilità di linee guida cliniche aggiornate e da una formazione continua per i medici. Da anni Aiom investe grandi risorse nella stesura e nell’aggiornamento di linee guida sui principali tumori”.
Nel 2024 è nata la Fondazione Sico per la formazione in chirurgia oncologica, con lo scopo di promuovere una nuova generazione di chirurghe e chirurghi altamente qualificati. Gaya Spolverato, membro del Cda della Fondazione e direttrice del programma di fellowship, sottolinea che “la mancanza di un percorso formativo in Italia e in Europa dedicato alla chirurgia oncologica rappresenta un rischio significativo per molti pazienti. La nostra missione è colmare questo gap formativo e garantire che ogni paziente abbia accesso alle terapie più avanzate e innovative”. La Fondazione, attraverso il programma di fellowship, ha creato un percorso d’eccellenza in chirurgia oncologica, della durata di 2 anni. “Vogliamo creare una rete nazionale di specialisti in chirurgia oncologica – dice Spolverato – grazie anche alla collaborazione con i principali centri di eccellenza presenti sul territorio per vedere progressi tangibili nella cura del paziente oncologico e nella qualità della sua vita”.
Come osserva il presidente Sitha (Società italiana di Health Technology Assessment), Giandomenico Nollo, “in questa ‘nuova era dell’Hta’ il coinvolgimento delle rappresentanze civiche nei processi di governance clinica assume certamente un ruolo centrale. Il quadro normativo nazionale, in linea con il regolamento europeo per la Hta, prevede infatti l’obbligatorietà della consultazione delle associazioni dei pazienti nei processi decisionali. Agenas ha attivato una rete di portatori di interesse, inclusa la rappresentanza civica e dei pazienti, per garantire un coinvolgimento strutturato e continuo nel Programma nazionale di Health Technology Assessment (PnHta). Per concretizzare e rendere efficace questa rilevante innovazione di sistema, è imperativo investire nella formazione specifica. A tal fine il prossimo Congresso Sihta, ‘La Nuova Era della Hta’ (Roma 18-20 novembre), offrirà workshop e sessioni formative”.
“La legge di Bilancio per il 2025 – evidenzia Elisabetta Iannelli, segretario Favo – rilanciando il principio della partecipazione, individua uno spazio di intervento non in favore della generalità degli enti del non profit, ma circoscritto a categorie ben definite: le associazioni di pazienti, i gruppi da esse costituiti e le relative federazioni. L’oncologia è uno degli ambiti clinici in cui l’associazionismo ha raggiunto un elevato grado di competenza progettuale, consolidando un ruolo attivo e riconosciuto nei processi decisionali. Grazie al lavoro svolto da Favo e al dialogo costante con Agenas e con il ministero della Salute, le associazioni si sono affermate come interlocutori preparati e affidabili nei processi di governance del sistema”. Il modello costruito da Favo insieme ad Agenas “può diventare una best practice per l’intero Ssn, a condizione che venga adottato con coerenza e adattato adeguatamente ad altri contesti clinici e organizzativi”, conclude De Lorenzo.
