L’ editoriale del Direttore Daniela Piesco 

Ancora una volta, il rituale stanco si ripete sulla scena politica italiana. Un artista osa esprimere un pensiero dissonante, un’ombra di critica si allunga sul panorama monocromo del consenso, e immediatamente si leva, puntuale come un orologio guasto, il coro indignato della destra.

L’ultimo atto di questa guerra asimmetrica? Le parole del ministro della Cultura, Alessandro Giuli, che da Firenze ha attaccato Elio Germano, Geppi Cucciari e gli intellettuali “di sinistra”, accusandoli di monopolizzare un settore che, a suo dire, dovrebbe essere “governato da patrioti”. Peccato che, dietro la retorica della “cultura popolare”, si celi un progetto di normalizzazione autoritaria.

Elio Germano, fresco del David vinto con Berlinguer, ha risposto al ministro dal palco del teatro Parenti: «Un governo che parla di “lavoro patriottico” fa paura». Non è una boutade. Da mesi, il cinema italiano è paralizzato da linee guida che privilegiano film encomiastici, mentre le commissioni ministeriali sembrano club per nomine clientelari.

Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura alla Camera, ha definito il discorso di Cucciari ai David “un insulto inaccettabile”. Peccato che la Cucciari, nel suo intervento, abbia solo chiesto più attenzione per un settore in crisi. Ma per la destra sovranista, ogni critica è un attentato alla legittimità. Il problema non è Geppi Cucciari, ma l’incapacità di reggere il contraddittorio. Se un cabarettista diventa un pericolo, significa che il potere ha paura della risata, della domanda scomoda, del pensiero non allineato.

Perché Hanno Paura della Cultura?

Dietro gli attacchi a Germano, Cucciari e agli “intellettuali di sinistra” c’è un disegno preciso: trasformare la cultura in un’arma di propaganda. Quando Giuli parla di “patriottismo”, intende un racconto monocorde, celebrativo, privo di ombre. Un Paese che applaude e non discute. Ma la cultura è per definizione scomoda, critica, trasgressiva. È Dante che condanna i papi corrotti, Pasolini che smaschera il potere, la Fallaci che interroga l’autorità.

La vera domanda è: perché un governo così sicuro della sua maggioranza ha bisogno di demonizzare una minoranza? Forse perché sa che la cultura libera è l’ultimo baluardo contro l’omologazione. E mentre il ministro Giuli cita Gentile, gli artisti rispondono con Brecht: «Chi combatte può perdere, chi non combatte ha già perso».

La posta in gioco non è destra vs sinistra, ma democrazia vs autoritarismo. Ogni governo che teme la satira, censura il dissenso e strumentalizza l’arte tradisce la Costituzione. Gli artisti non chiedono privilegi, ma di poter lavorare senza dover inchinarsi a logiche di clan. Perché la cultura non è di destra o di sinistra: è il respiro di un Paese che non vuole soffocare.

Chi cerca di soffocare la cultura commette un errore madornale: confonde il silenzio con la pace. Ma un Paese che non si interroga è un Paese che rinuncia a crescere e che tradisce una fragilità: il terrore che, un giorno, qualcuno possa aprire una finestra e far entrare aria nuova.

La cultura non è mai stata un crimine. È semmai il contrario: il crimine è privare un popolo degli strumenti per pensare. Finché ci sarà chi scrive versi sui muri, chi canta storie scomode, chi ride del potere, quel crimine non sarà consumato. E la speranza, come una pianta tenace, continuerà a crescere tra le crepe del conformismo.

Perché l’arte non bussa alle porte: le sfonda.Sopravvive a secoli di oppressione come radice che spacca l’asfalto, si nutre di periferie e rabbia, trasforma garage in cattedrali,
social network in piazze di resistenza.

È il ruggito di Jannacci tra i clacson milanesi,il teatro di De Filippo che balla sulle macerie,la matita di Forattini che squarcia i veli del potere, i versi di Pasolini, coltelli nella carne dei conformismi.

A ogni era buia risponde con una fiaccola accesa nel vento. Perché l’artista non implora: sputa in faccia al presente
e grida al mondo, con le ossa rotte e l’utopia in gola: ‘Non è questo il finale. Noi scriveremo un altro capitolo’.”

 

ph Pixabay senza royalty

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.