Si racconta che Leone Magno, il primo Papa ad aver assunto questo nome, in piena disintegrazione dell’Impero Romano d’Occidente, fermò Attila e i suoi Unni lanciati alla conquista di Roma. Era l’anno 452 e Papa Leone si vestì dei sacri paramenti e levando al cielo l’ostensorio che custodiva il corpo di Cristo transustanziato nella candida ostia, mosse disarmato contro il re Unno. Raccontano che il destriero di Attila si imbizzarrì alla vista del vegliardo. L’ostensorio sfolgorava di luce, i raggi del sole ribalzavano abbagliando il cavallo e lo stesso Attila in cima al suo fido destriero che rischiava di disarcionarlo rimase fulminato dalla straordinaria visione.
Dietro a Papa Leone si stagliavano, enormi in un’aura di luce accecante, le figure di Pietro e di Paolo con le braccia levate al cielo in un gesto che non consentiva altra interpretazione se non quella di voltarsi e tornare sui propri passi. Cosa che il re barbaro fece immediatamente e Leone Magno passò alla storia come il Salvatore di Roma ed il conquistatore dei popoli nordici alla fede di Cristo con il supporto dell’Arcangelo Michele, comandante delle schiere angeliche che intanto prese a farsi vedere di qua e di là nei territori del vecchio impero come un vero condottiero che incarnava anche le virtù di Odino.
Leone III dopo qualche secolo ammansì Carlo Magno consacrandolo imperatore del Sacro Romano Impero ed infine Leone XIII depotenziò il marxismo e svuotò il comunismo della sua carica virulenta costruendo la dottrina sociale della Chiesa che da lì in avanti avrebbe informato di sé l’atteggiamento del popolo cristiano di fronte ai grandi movimenti di liberazione dei lavoratori dalla schiavitù del capitalismo innescati dal socialismo e quindi dal comunismo.
Leone XIII aprì le porte della Chiesa alla società che intanto si era trasformata e prometteva di portare alla ribalta i grandi movimenti operai.
Egli nella Rerum Novarum elaborò la dottrina sociale cristiana che sanciva la dignità del lavoro e i diritti dei lavoratori contro ogni sfruttamento e contro ogni violenza di cui erano vittime in primo luogo donne e bambini fissando i limiti entro i quali lavoratori e padroni dovevano muoversi senza rabbia e odio reciproco ma puntando tutti al progresso ed al bene comune.
Fu una rivoluzione.
La rivoluzione cristiana interclassista contro la rivoluzione marxiana classista. La rivoluzione pacifica contro la rivoluzione armata.
La rivoluzione della comunione contro la rivoluzione della divisione.
Poi la storia si incaricò di mettere a posto le cose sino alla definitiva consacrazione della democrazia che sull’interclassismo sociale filtrato dal metodo del confronto e dell’incontro costruì la sua supremazia a fronte del comunismo che scivolò inesorabilmente verso l’autoritarismo e la dittatura violenta.
Rimase aperto, ahimè, nella democrazia, come erede della dottrina leonina, l’ambiguità o l’equivoco del ruolo/supremazia delle classi nel crogiolo sociale. I ricchi capitalisti alla fine l’hanno vinta sui lavoratori mentre gli Stati democratici, USA in testa, svilupparono la teoria dell’esportazione della democrazia che si tradusse in colpi di stato ed in invasioni oltre che in un dominio economico che pretese di diventare globale.
E siamo ai giorni nostri.
Colpi di coda dei vecchi regimi eredi del comunismo si esercitano, ai confini con l’Europa, in invasioni e tentativi di restaurare l’impero sovietico-zarista.
Ad Oriente gli eredi di Mao fanno valere la forza di un popolo sterminato che non solo vuole riscattare la propria secolare povertà ma anche imporre la sua forza economica all’intero pianeta.
I vecchi Stati Uniti d’America si riscoprono spaventati davanti al nuovo mondo e mandano al comando un epigono di quel capitalismo che ha dimenticato l’illuminismo occidentale, la dottrina sociale interclassista della chiesa e promette di rifare grande l’America urlando e minacciando contro i nemici e blandendo gli amici mentre avalla il genocidio dei Palestinesi, deporta i migranti in catene e a muso duro avverte l’Europa che non la riconosce più come madre patria ma come la cinica sanguisuga delle ricchezze americane.
Ed arriva Leone XIV.
La chiesa ancora una volta, smentendo quanti pensano che essa non abbia alcun potere mancando di divisioni armate, a parte le medievali Guardie Svizzere che vigilano ancora con l’ausilio di una vecchia lancia, ripropone la sua sfida inerme. Eleggendo a successore di Pietro un figlio dell’America ricca che ha scelto l’America povera. Egli dall’alto della sua fede in Cristo e della sua dottrina agostiniana che origina dallo Spirito Santo promette di affrontare i potenti del mondo e consolare i derelitti e dare un senso alla storia che procede in modo turbolento. Tranquillizzando magari quei cristiani confusi dalla santità di Papa Francesco che, scegliendo la strada ed il gregge come riferimenti del suo pontificato, ha spaventato i benpensanti e quanti credono che la forza della chiesa sia nella difesa della tradizione e nella scelta di una morale chiusa che rifiuta ogni tentazione di allargare gli orizzonti dei diritti individuali ed i confini della morale includendo piuttosto che escludendo .
Annuntio vobis Gaudium Magnum…Habemuns Papam, Dominum eminentissimum ac reverendissimum Robertum Franciscum Sanctae romanae ecclesiae cardinale Prevost qui sibi imposuit nomen Leonem decimum quartum.
Così ha proclamato il Protodiacono, cardinale camerlengo.
Ed il nuovo Papa si è presentato con un groppo alla gola tra il tripudio del popolo festante in ogni angolo del mondo oltre che su piazza San Pietro. Perché nel caos violento che domina il mondo, il mondo riconosce nella chiesa l’unica istituzione disarmata e disarmante in grado di ergersi a difesa dell’umanità.
Ancora una volta come fece Leone Magno contro i barbari, come fece Leone III ammansendo il potere delle armi cristiane sia pure imponendo la corona imperiale sul capo del re dei Franchi.
Come fece Leone XIII aprendo ai lavoratori sfruttati, alle donne, ai bambini ai deboli, orizzonti di dignità e riscatto impensabili sino ad allora, al riparo da ogni ideologia di odio e violenza ed indicando agli Stati la strada da seguire ed ai padroni capitalisti il loro dovere sociale.
Adesso spetta al pontefice Leone XIV indossare i sacri paramenti della fede e della dottrina e marciare verso i potenti che stanno violando l’umanità, distruggendo il pianeta, appropriandosi delle ricchezze del mondo e condannando il mondo stesso ad una deriva di distruzione.
Un compito da far tremare i polsi anche al successore di Pietro ma di sicuro, nonostante il groppo alla gola, il cardinale Prevost ha tutta l’aria di voler emulare i suoi predecessori.
Partendo da Papa Francesco e professando, in perfetta continuità con il suo predecessore, il suo credo nella pace.
“La pace sia con voi” ha profferito il Santo Padre con evidente emozione e la voce strozzata.
La pace sia con voi.
I cristiani sono abituati a sentirla ogni volta che vanno a partecipare alla messa questa frase. Ma oggi essa ha un valore inconsueto, in un mondo percorso dalla terza guerra mondiale a pezzi, come ebbe a definirla Papa Francesco, che mostra il suo volo terribile e che si macchia di genocidi e distruzioni in ogni parte del mondo.
“Una pace disarmata e disarmante” ha invocato il Papa Leone XIV in un tempo in cui i potenti si armano pericolosamente.
Chissà se la presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen ed i capi di governo delle nazioni europee, erano davanti al televisore quando il Papa ha profferito, con umiltà ma con determinazione evangelica, questa frase.
L’Europa non ha bisogno di riarmarsi.
Sono la sua civiltà e la sua cultura, la sua fragile democrazia e la storia, le sue armi. E di sicuro sono potentissime a manovrarle con cura ed attenzione oltre che con assoluta dedizione.
Con esse può vincere la sua guerra contro quanti vogliono indurla a diventare la quarta testa del cerbero.
E chissà se Trump riuscirà a convertirsi e Putin a dismettere i suoi sogni arroganti quanto strampalati e lordi di sangue e magari anche Xi Jinping virare verso obiettivi di integrazione piuttosto che di dominio del mondo.
Di sicuro c’erano i popoli violati dell’Occidente e dell’Oriente, i popoli che si trovano alla fine del mondo, ad ascoltare.
E certo lo hanno osservato i suoi immediati predecessori.
Papa Wojtyla che della rerum novarum prese l’eredità per riproporla nei tempi attuali con la sua Centesimus Annus e Papa Ratzinger la cui dottrina sopraffina non era in contraddizione con il buon senso di Papa Francesco che in esso camuffava una dottrina altrettanto elevata. Strada e curia, dottrina e sapienza esperienzale altro non sono che le due facce della stessa realtà.
Aveva ragione Ratzinger nel mettere in guardia la Chiesa dalla tentazione di inseguire le pulsioni edonistiche e relativiste della società ed aveva ragione Bergoglio quando enfatizzava la dottrina della strada cercando i carcerati ed i poveri in ogni parte del mondo.
Ora arriva Leone XIV il Papa americano che ha sposato il Sud America. Meraviglioso il suo omaggio linguistico alla povertà ed alla sofferenza del Perù.
Straordinario il suo messaggio muto alla protervia dell’autocrate statunitense ed allo smarrimento del popolo americano.
Forse il popolo dei diritti e dell’apertura alle infinite declinazioni della natura umana si troveranno spiazzati allorquando il nuovo pontefice ribadirà la sua opzione per l’ordine delle cose. Ma è maturo il tempo per far convivere l’ordine codificato delle cose con l’ordine tumultuoso delle stesse che non ha regole. Come avvertiva Ratzinger la Chiesa ha il dovere di andare controcorrente. Lo deve fare in un momento storico in cui l’edonismo ed il relativismo ammantano il cinismo del mondo e degli individui sapendo, come ha insegnato Papa Francesco, che la chiesa è chiamata non a giudicare ma ad includere ed a comprendere.
Papa Leone promette di fare tutto questo.
Intanto come Leone Magno e Papa Wojtyla si appresta a vestire i sacri paramenti e marciare disarmato e disarmante verso i nuovi potenti della terra.
Non è poco… anzi a ben guardare è proprio tutto.
