Si sa che, paese che vai, usanze che trovi e a Camporosa, paese dove abitava Katia, la passeggiata domenicale si faceva sull’ alto argine del fiume Panaro.
Era davvero un bel panorama visto da lassù, da una parte c’era il paese e dall’altra il fiume e, oltre la sponda, la vallata verde della campagna bolognese, infatti, in quel punto il fiume tracciava il confine tra la provincia di Modena e quella di Bologna e c’era un traghetto per poter andare da una sponda all’altra.
Il giorno della festa del paese, la processione di Maria Santissima veniva fatta sull’argine e i bolognesi, sull’altra sponda, la salutavano con scoppi di mortaretti; quel giorno tutti videro a passeggio Katia e Roberto, più felici che mai con grande invidia da parte di Ester.
Erano iniziati i tempi del” si dice che”, ci sarà la guerra? Non ci sarà? Sì, ci sarà, ma sarà una guerra lampo, cose da non pensarci, da non preoccuparsi, piccole nubi che la gioventù, avendo tanta voglia di vivere e divertirsi, non prendeva molto sul serio, non ci faceva nemmeno caso ma, intanto, qualcuno era già partito per l’ Africa e si iniziava a cantare , tra le canzoni in voga allora, qualche canzoncina tipo “faccetta nera” orecchiabile marcetta che quasi tutti intonavano anche mentre lavoravano in campagna, ma nessuno pensava che fosse la prima di una triste “Hit parade” di tante altre canzoni.
Le cronache, intanto, comunicavano gradatamente la vittoria dei nostri soldati in Etiopia mentre dal “Comando Supremo”, arrivavano ordini di reclutare tutti i giovani e radunarli nel più vicino campo sportivo per un addestramento, la vera intenzione era quella di prepararli per una eventuale chiamata alle armi.
Così, il sabato pomeriggio, partivano tutti insieme in bicicletta alle ore 14 dalla piazza per recarsi al campo sportivo, e si divertivano pure! Donzelletta, infatti, non si ricordava mai quale fosse la destra e la sinistra e l’istruttore gli diceva :- ricordati che la mano destra è quella che usi per mangiare la minestra e, per facilitarlo, gli legava un fazzoletto al braccio, inutile dire che gli altri se la ridevano ma non pensavano che, quello che stavano facendo, era una cosa molto seria, e la conferma non tardò a venire.
A quei tempi, tutti andavano a lavorare in campagna, partivano la mattina presto, con il mangiare appresso per tornare la sera al tramonto.
Un pomeriggio, giunse la triste notizia della morte di un giovane del paese che tutti conoscevano, mandato a combattere in Africa.
Il fratello apprese la notizia quando, tornando dal lavoro, si era fermato all’osteria per farsi il solito bicchiere di vino prima del rientro a casa, entrò sereno e uscì piangendo e disperandosi.
Erano le prime lacrime, i primi lamenti di tante povere mamme che in avvenire avrebbero pianto la morte dei loro adorati figli ; prima partirono i volontari e poi, ci furono le chiamate alle armi.
Le prime formazioni nemiche, iniziarono a sorvolare il nostro cielo e, dalla città, arrivarono i primi sfollati.
Anche Katia e Roberto erano consapevoli della situazione, ormai erano partiti tanti giovani, lui poteva ancora contare sull’anzianità dei suoi genitori, a quei tempi gli agricoltori avevano queste agevolazioni ma, fino a quando sarebbe durata?
Ora, Katia, tremava ogni volta che vedeva arrivare il postino, pensare che prima il vederlo arrivare era per lei una festa, anche lui non era contento di dover portare notizie non sempre belle, ma purtroppo era il suo lavoro e lo doveva fare.
Katia aveva un’amica, si chiamava Vilma ed era una brava ragazza sensibile come lei e, appena potevano si facevano visita, era la sua preferita perché la sentiva indifesa, sapeva tutto di lei, anche che non aveva mai conosciuto suo padre.
Una volta, in sala da ballo qualcuno le disse : lo vedi quel bel giovane? Guardalo bene perché è tuo fratello. Stupore e sgomento le si dipinsero sul viso ma Katia le fu molto vicina e le consigliò di far finta di niente ; grazie amica mia, le rispose, cosa farei senza di te?
Lui le si avvicinò, la invitò a ballare e lei accettò, poi con tatto e delicatezza le disse :- signorina Vilma, sono venuto apposta dal mio paese per conoscerla, io sono suo fratello Dino e sarei tanto felice se accettasse la mia amicizia, desideravo tanto conoscerla e poi, in fondo, noi non abbiamo nessuna colpa.
Da quella sera non si persero più di vista fino a quando Vilma seppe che doveva partire per l’ Etiopia, notizia che la lasciò molto addolorata, povero fratello mio, il destino ha voluto ricongiungerci ed ora ci ha di nuovo allontanati, non posso che augurarti che vada tutto bene.
…… continua…..
Ph Letizia Ceroni