Il tecnico del Benevento Gaetano Auteri, dopo la triste eliminazione al primo turno della fase a gironi dei play-off per mano della Juventus Next Gen è tornato a parlare
“La partita di ieri è l’epilogo di quanto seminato nel 2025. Perché il calcio dovrebbe gratificarti se non semini bene? Non sempre è stato messo tutto quello che il gruppo aveva nelle proprie corde. A partire dal ritiro, attraverso i principi e lo spirito comune, la solidità e la voglia di giocare un calcio intenso, abbiamo dimostrato di poter essere competitivi. Quando quest’alchimia si è sfaldata per mille motivi più che seguire i criteri c’è stata qualche svasatura, un liquido che deborda: lì cominciano i problemi. Il calcio ha delle regole molto semplici, tutti si devono occupare ognuno del proprio lavoro. Poi quando c’è un po’ di commistione… Quest’epilogo è giusto, è inutile parlare della partita. Non serve. E’ stata una partita in salita, moralmente ce la siamo meritati. Perché il calcio ci avrebbe dovuto gratificare quando non semini attaccamento alla maglia e unità d’intenti?“.
SUL SUO CALCIO E SUL RAPPORTO CON LO SPOGLIATOIO: “Ieri avevamo qualche problema. Tosca non c’era Capellini ha giocato con uno stato influenzale risolto all’ultimo momento. Il problema non è nelle scelte. Mi viene difficile fare delle analisi. Ho sempre detto che dimostreremo di essere forti quando saremo in grado di codificare le situazioni e metterle in pratica. Se avessimo giocato un calcio speculativo avremmo fatto ancora meno punti, giocavamo un calcio fatto con coraggio. Quando si sono perse quelle certezze ho avvertito quotidianamente per la prima volta, parlo del periodo Altamura-Potenza ecc, qualcosa di diverso. Dicevo che la squadra non aveva problemi, non avevo capito. Quando dai possibilità a qualcuno di sconfinare dal proprio ruolo… non ho mai conosciuto un calciatore che ha la coscienza così profonda di quello che fa e può trovare le soluzioni. Mi sono reso conto per la prima volta di essere poco seguito: è stata colpa mia. Ho sempre entusiasmato e trascinato i giocatori. E’ stata una diretta conseguenza di cose che abbiamo sbagliato tutti, il calcio è semplice: ognuno deve stare al proprio ruolo. Non ho voluto credere quando dicevano che qualcuno aveva festeggiato dopo il mio esonero“.
SULLA SQUADRA E SUL PERIODO DI GENNAIO: “Dal punto di vista delle valutazioni sul gruppo le ho sempre fatte in un modo o nell’altro, ma già da luglio. Prisco, per esempio, non lo conoscevo. E’ venuto in ritiro, il Presidente mi aveva detto di visionarlo. Ho visto qualità in lui, era positivo e sarebbe stato bene nella squadra: guardate quello che ha fatto. Il nostro periodo particolare è capitato a gennaio, quando bisognava fare mercato. Ne ho sentite di tutte, che non si voleva andare in Serie B e che la società non voleva spendere. Il mercato è coinciso con quei 10-15 giorni, tra Potenza, Altamura, Foggia e Monopoli. Eravamo una squadra in salute che stava inciampando, mercato non mercato. Se ho chiesto calciatori a gennaio? Non risponderò mai, è una domanda estrema a questo punto. Dire delle cose col senno di poi… abbiamo fatto delle valutazioni in alcuni momenti, dovevano anche rientrare dei giocatori, ma i fatti ci dicono che non sono state corrette. Questo gruppo finché ha avuto unità di intenti collettiva… anche con la Juve nella gara d’andata siamo andati in svantaggio per un errore nostro, ma poi l’abbiamo ribaltata. Ne abbiamo ribaltate tante così, perché la Juve era coesa e corale, avevamo criteri e li mettevamo in pratica. E’ la prima volta che mi è capitato di avere la percezione di non essere seguito. Motivi? Ce ne sono tanti. Ho pensato che la squadra avrebbe avuto bisogno di coraggio, invece le vere motivazioni erano altre: quando un compagno si permette di giudicare un altro compagno e si vanno a inseguire solo obiettivi personali, senza mettersi a disposizione, si perde il concetto di squadra. A un certo punto abbiamo perso il concetto di squadra“.
SULL’UNIONE DEL GRUPPO: “Ho sempre avuto rispetto dei calciatori che ho allenato, al di là delle qualità, soprattutto di quelli che hanno senso d’appartenenza e voglia di sposare il progetto. Prima ero un fondamentalista, quando trovavo gente non allineata al progetto non capivo perché e intervenivo drasticamente. Quando torni, però, come intervieni? E’ una forma apparente di solidarietà. Pensi ad andare avanti. In questi 15-20 giorni tante volte mi è venuto in mente di prendere alcuni e metterli da parte, anche se ho sempre avuto carta bianca. Poi ci ho ripensato, riprovando a coinvolgere tutti. Questo è stato l’epilogo finale. Abbiamo seminato male e questo abbiamo raccolto. A un certo punto abbiamo perso la sacralità del campo. Ma chi l’ha detto che bisogna andare sempre d’accordo? Basta avere rispetto della società e della maglia, degli obiettivi comuni“.
SUL GIRONE DI RITORNO: “Quando nel giro di pochissimo tempo ti allontani dall’obiettivo è anche difficile. Ci sono tanti aspetti. Ma l’aspetto dominante è un altro: finché siamo stati in sintonia, anche chi è arrivato dopo come Acampora e Viviani che sono stati abbracciati, finché ognuno fa la propria parte con la voglia in allenamento… Poi è successo che l’io è prevalso sul noi. Dal punto di vista dello stare insieme non c’è stato nulla che ha rotto questo gruppo, ma nelle difficoltà è prevalso l’ego. Dovremmo avere la capacità di analizzare una squadra che tipo di partite fa, non solo i risultati“.
SULL’AMBIENTE: “Sembra che tutto in questo momento sia dovuto. Mi permetto di dire o di suggerire a tutto l’ambiente che l’ambito dove si sta va sempre coltivato e salvaguardato. Chiaramente ognuno di noi può pensare a cose che appartengono al passato, risultati importanti. Può capitare a tutti, non soltanto al Benevento. Fermo restando il diritto di critica, chi vuole veramente bene deve prenderne atto. Ieri mi è dispiaciuto che qualcuno abbia contestato questa proprietà, mi sembra di essere tornato a 8 anni fa. Come si fa? Anche 8 anni fa mi battevo per questo motivo. Tutti possiamo fare errori, ma c’è bisogno di avere coscienza della dimensione rispetto alle potenzialità calcistiche di città e provincia. Mi ha ferito. Prendetevela con allenatore e giocatore, la proprietà non lo merita. Non sono qui a fare il paraculo, sono qui perché l’ho scelto io: ho solo chiesto l’autorizzazione. Fa parte dei miei doveri interloquire con voi, ieri sera è venuto il Presidente in spogliatoio, si è fatto tardi perché ci siamo dilungati. Ho chiesto di essere qui, accettando critiche e tutto ciò che serve. Ma non si può non prendere coscienza della realtà. Calcisticamente Benevento ha un grande prestigio, ma perché può portare 80 mila persone allo stadio? No, ma perché la società ha seminato bene“.
SUL SUO CONTRATTO IN SCADENZA IL 30 GIUGNO: “Se dipendesse da me… Non ho mai avuto bisogno di contratti, mi sento in debito qui. Sto pensando di dare un esempio, se la società vorrà rescinderei subito questi due mesi rinunciando al minimo. Sempre se non si arrabbia il Presidente. Potrebbe essere d’ispirazione per qualcun altro, che farebbe una riflessione e un moto di dignità. Nella vita cercare solo i soldi… ci sono i diritti, ma nessuno deve dimenticare i doveri. Se non stai bene in un posto mi è capitato di strappare i contratti, se non c’è sintonia e unità d’intenti. Ci alleneremo per molto tempo ancora e lo farei ugualmente, con o senza contratto. Questo mancato senso d’appartenenza ti fa capire che tanti giocatori qui non stanno bene. Restare? Ho due risposte, una d’istinto e una di ragione. Con entrambe ho fatto stupidaggini. Il rapporto con Vigorito è una cosa, il lavoro è un’altra“.
SUL RAPPORTO CON VIGORITO: “E’ una persona che stimo, con dei valori. Ognuno di noi può sbagliare, ma sempre in buona fede“.
SULL’ASPETTO UMANO DEI CALCIATORI: “Dietro ogni calciatore c’è anche un aspetto umano e personale. Lamesta i primi due mesi era adorato, ora no. In questo tanti compagni di squadra non lo hanno aiutato, nei momenti di difficoltà lo hanno preso di mira“.
SULLE MANCANZE DI RISPETTO DEI GIOCATORI: “Cose platealmente scorrette non ci sono mai state, se sono state fatte sono state fatte in modo subdolo. Parlo del periodo più critico, me ne sono accorto subito. C’era insicurezza anche nelle cose più semplici in allenamento. Li vedevo paurosi, cercavo di confrontarli. Poi ho capito i motivi. Quando gli dai la possibilità di parlare e di esprimere un giudizio… lo possono fare anche tra di loro. Il rispetto dei ruoli è fondamentale, non ho mai avuto un giocatore che avesse la capacità massimale e critica rispetto a quello che fa. Anzi, è anche peggiorata. Anche i giocatori giovani hanno contratti alti, non lunghi. Gli anni di contratto fanno male, non ti portano ad acquisire coscienza. Tanti che avranno agito così non troveranno squadra“.
SUL PROGETTO GIOVANI: “Il campo in un arco di tempo adeguato come il girone d’andata ha espresso dei valori, poi li ha espressi al contrario. C’è una via di mezzo. Il potenziale è il primo periodo, ma c’è sempre un percorso formativo anche personale. Bisogna sempre vedere che cosa vuoi fare e che cosa vuoi ottenere, sapendo sempre che li devi educare alla professione e all’atteggiamento. Quando con poco ottieni tanto ti convinci che quella è la via da seguire, ma ci sono delle tappe obbligate. Nessuno di noi risolve i problemi da solo, è un gioco di squadra. Talia è un giocatore di qualità, Perlingieri quando capirà alcune cose potrà esserlo. L’ho detto più volte, quando diventerà più “uomo”… Ci sono Nunziante e altri, tutti ragazzi di valore per la categoria. Poi è difficile dire che cosa potranno fare, sicuramente dovranno fare un percorso adeguato fatto di tante piccole cose messe insieme e non solo obiettivi raggiunti o economici. Quando ho avuto squadre per vincere non mi sono mai nascosto e l’ho detto, dipende quello che si vuole ottenere ma come forma mentis ho che si gioca sempre per vincere, seppur con i giusti equilibri. Cerco sempre di ottenere il massimo dai miei giocatori“.
