Dieci anni di panchine, di gioie e dolori.
E ora, dopo la conquista matematica della serie A maturata a due giornate dalla fine con il Pisa (nonostante la sconfitta in casa del Bari), Pippo Inzaghi cerca la sua quinta avventura nella massima serie dove in panchina ha debuttato esattamente dieci stagioni fa con il suo Milan.
Per Superpippo il successo di quest’anno è un gioiello paragonabile a quello del Benevento dei record condotto in serie A cinque anni fa con ben sette turni di anticipo scavando un solco profondissimo con gli avversari di allora (il Crotone secondo fu infatti distanziato di ben 18 lunghezze). Quest’anno meglio di lui ha fatto solo il Sassuolo, che per la categoria è una squadra di marziani. Lo Spezia ha provato a restare in scia, ma alla fine il Pisa ha centrato l’obiettivo con merito e a suon di gol.
La promozione certo, con il ritorno dei nerazzurri tra i big dopo 34 anni e con l’epopea del Pisa di Romeo Anconetani che appartiene ormai a un calcio che non c’è più, dove i presidentissimi sono stati pressoché definitivamente soppiantati dai fondi finanziari. Oggi la città della Torre si gode il trionfo dell’icona Inzaghi e confida nella proprietà del finanziere russo-americano Alexander Knaster per sognare una serie A non solo di passaggio ma come possibile consacrazione per un allenatore che prova a spiccare definitivamente il volo nella sua carriera in panchina.
Tutto questo a Pisa, otto anni dopo un vecchio amico di Inzaghi, anche lui campione del mondo con l’Italia nel 2006: Rino Gattuso. Condottiero di un Pisa disastrato e senza proprietà che rischiava di sparire dal calcio professionistico e tenuto in vita grazie alla caparbietà del tecnico calabrese che mantenne per mesi il timone di una barca senza carburante (zero soldi e prospettive) e alla deriva scongiurando il rischio di un fallimento pressoché certo fino all’operazione salvataggio della famiglia Corrado (con il patron di allora Enzo Ricci) e la regia di Andrea Abodi, che nel 2017 era il presidente della Lega di serie B.