Nella quiete delle colline beneventane, tra i vicoli di Sant’Angelo a Cupolo, sta nascendo una storia di riscatto. Non è una fiaba, ma un movimento concreto, radicato nel desiderio di chi non vuole arrendersi all’indifferenza. Si chiama “Fare Comune”, e non è un partito tradizionale. È un coro di voci, un patto tra cittadini che hanno deciso di riprendersi il diritto di immaginare il futuro della propria terra.

Nell’estate del 2024, Sant’Angelo a Cupolo viveva un momento drammatico: la crisi amministrativa portava al commissariamento prefettizio, lasciando la comunità senza una guida e, soprattutto, senza fiducia. In quel vuoto, invece di rassegnarsi, un gruppo di cittadini ha acceso una luce. A settembre, tra caffè, discussioni e un’ostinata voglia di cambiamento, nasceva “Fare Comune”. Non un’élite di politici di professione, ma insegnanti, operai, giovani, anziani: persone che hanno scelto di sporcarsi le mani per ricostruire ciò che era stato perduto: l’identità collettiva.

“Fare Comune” non propone slogan o promesse irrealizzabili. La sua forza sta nel metodo: tavoli di lavoro aperti, confronto continuo, progetti condivisi. Hanno adottato uno statuto democratico, dove ogni decisione nasce dal basso, e hanno già avviato gruppi dedicati a temi cruciali: ambiente, cultura, servizi sociali. L’obiettivo? Trasformare il paese in un laboratorio di cittadinanza attiva, dove ogni abitante non è spettatore, ma co-autore delle scelte.

“Fare Comune ” non propone comizi ma un inviti a sedersi allo stesso tavolo. “Vogliamo ascoltare, ma anche agire”, spiegano i promotori. Offrono l’occasione per presentare i primi progetti: dal recupero di spazi abbandonati a iniziative per i giovani, fino a proposte per una trasparenza amministrativa totale. Ma soprattutto, un appello a unirsi. “Non cerchiamo consensi passivi, ma energie”, sottolineano.

Oggi Sant’Angelo a Cupolo tornerà alle urne. E la scelta non è tra destra o sinistra, ma tra due visioni: continuare a delegare a pochi, spesso distanti dalle esigenze reali, o scommettere su se stessi. “Fare Comune” chiede di votare non per un simbolo, ma per un patto: riappropriarsi del bene comune.

Ogni voto per loro è un mattoncino per ricostruire la fiducia, un impegno a controllare chi amministra, a pretendere trasparenza, a condividere le responsabilità. È la possibilità di dimostrare che la politica può essere un servizio, non una carriera.

C’è chi obietterà: “Sono idealisti, non hanno esperienza”. Ma è proprio questo il punto: in un’epoca in cui la politica spesso delude, “Fare Comune” rappresenta l’onestà delle intenzioni. Non hanno tutto già scritto, ma vogliono scriverlo insieme alla comunità.

La loro forza? Essere imperfetti, autentici, presenti. Camminano per le strade, ascoltano, accettano critiche. Non chiedono un voto di fiducia cieco, ma un atto di coraggio: credere che il cambiamento parta dal basso.

Sant’Angelo a Cupolo può diventare un esempio. Può mostrare che anche un territorio,un comune che non è un semplice “paese”, ma un mosaico di comunità con sette frazioni – Perrillo,Panelli, Pastene, Bagnara, Montorsi, Sant’Angelo capoluogo, San Marco ai Monti, Motta – ognuna con la sua identità, legate da confini che vanno dalla provincia di Benevento a quella di Avellino, può rinascere.Un’area vasta, dove i borghi arroccati sulle alture dialogano con quelli affacciati sulla valle del Sabato e le distanze fisiche rischiano di diventare distanze sociali deve  ridestarsi se i cittadini si riappropriano della loro voce. “Fare Comune” non è la soluzione, ma il processo. Un processo che inizia con un gesto semplice: partecipare.

Alle urne del 25/26 maggio 2025 si scriverà una pagina di storia. Perché ogni rivoluzione inizia quando qualcuno alza la mano e dice: “Ci provo”.

Votare per “Fare Comune” non è solo un diritto. È un’occasione per dire: “Questa casa è nostra”. E insieme, possiamo renderla migliore.

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