Di Daniela Piesco

Pontelandolfo chiama. Il suo grido più straziante risuona in Piazza Roma, stasera 5 e domani 6 luglio. Non è solo teatro. È un tuffo nell’abisso dell’anima, un pugno allo stomaco che ti costringe a guardare in faccia l’orrore dimenticato: “Sotto un cielo di fuoco: Pontelandolfo, agosto 1861”.

Immagina l’aria calda d’agosto, la festa di un paese vivo. Poi il rombo dei cannoni, il sapore della polvere da sparo che si mescola al terrore. L’amore strappato via, Modestino e Maria Giuseppa che cercano disperatamente di aggrapparsi l’uno all’altra. L’innocenza calpestata nello sguardo di Concetta che perde la luce. Il sacrilegio delle mura della chiesa, rifugio violato, dove il sangue si mescola alle preghiere. L’odore della carne bruciata, il crepitio delle case che crollano in un inferno ordinato da un comando.

Non è una lezione di storia. È un’immersione totale. Si sentono le urla soffocate, il dolore che taglia l’aria, la crudeltà insensata dei soldati piemontesi che trasformano un paese in un cumulo di macerie fumanti. Lo spettacolo di Michele Albini non risparmia, non edulcora. Ti trascina dentro la strage del 14 agosto 1861 e, come uno specchio crudele, ti chiede: “Dove eri? Dove sei ora?”

Solo sette attori in scena, un gioco di trasformazione agghiacciante. La stessa persona che un attimo prima strappa un sorriso con un gesto quotidiano, subito dopo è il carnefice che alza il fucile, o la vittima che implora pietà. È il genio della regia: chiunque può essere tutto. E anche tu, spettatore, diventi testimone complice.

Due forze si sfidano nell’oscurità: l’Anima, il lamento della memoria, il dolore che chiede giustizia, e l’Anima Nera, il destino spietato, l’orrore che si ripete. La loro danza è ipnotica, una lotta tra la speranza disperata e l’inevitabilità della violenza umana.

Le luci accecano come bagliori d’incendio, i suoni perforano i timpani come spari a distanza ravvicinata. La scenografia essenziale costringe a immaginare l’inimmaginabile, rendendolo ancora più reale, più vicino.

Pontelandolfo non è solo un nome su una mappa. È un simbolo. È la voce di tutti i vinti, di tutte le atrocità nascoste dalla Storia ufficiale. La memoria non è un optional: è un dovere verso quelle 221 anime e più, massacrate senza motivo.

Questo dramma non parla solo del 1861. Parla dell’oggi. Della fragilità della pace, della brutalità che può esplodere quando il potere diventa assoluto. Sarà un’esperienza che segna. Lascia muti, scuote dalle radici, spinge a stringere la mano al vicino di sedia, uniti dallo stesso sgomento e dalla stessa ricerca di senso.

Stasera o domani. Piazza Roma, Pontelandolfo.
Le voci del passato si alzano ancora. Un cielo di fuoco che brucia dentro, per non dimenticare mai.

#SottoUnCieloDiFuoco #Pontelandolfo1861 #MemoriaViva

 

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