di Monika Anna Perka

«Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo» (P. Levi).

La memoria storica non è solo un dovere morale, ma rappresenta un presidio giuridico e sociale fondamentale per la tutela dei diritti umani. In un contesto internazionale attraversato da nuove forme di conflitto, razzismo e marginalizzazione, il monito di Primo Levi conserva un’attualità disarmante. Questo contributo intende analizzare il nesso tra memoria e diritti, sottolineando il ruolo che essa assume nella costruzione di una società democratica, inclusiva e giuridicamente orientata alla dignità umana.

La memoria come fondamento dei diritti

La Costituzione Italiana, all’articolo 2, riconosce i diritti inviolabili dell’uomo e ne impone il rispetto anche da parte della collettività. A ciò si affiancano strumenti di diritto internazionale come la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948) e la Convenzione sullo status dei rifugiati (1951), che sanciscono la protezione delle persone vulnerabili. Tuttavia, tali norme rischiano di diventare meri enunciati se non sostenute da una coscienza collettiva radicata nella memoria.
Le atrocità del Novecento hanno dimostrato che il diritto può essere piegato a fini disumani, come nel caso delle leggi razziali o del diritto nazionale socialista. La memoria storica svolge, dunque, una funzione di limite e controllo democratico, offrendo alla cultura giuridica gli strumenti per evitare la reiterazione del male.
L’attualità del monito di Levi: esclusione e indifferenza
Nel contesto contemporaneo, assistiamo a una progressiva normalizzazione del linguaggio discriminatorio e alla costruzione di nuove forme di esclusione: migranti, richiedenti asilo, persone senza cittadinanza, minoranze etniche e religiose sono spesso oggetto di politiche securitarie che li collocano in una zona di sospensione dei diritti. I Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR), ad esempio, rappresentano uno spazio giuridico controverso, dove la libertà personale può essere limitata in assenza di reato, in contrasto con i principi di legalità e proporzionalità (art. 13 Cost.).
A livello europeo, nonostante il sistema del Regolamento Dublino e il Patto sulla Migrazione e l’Asilo, persistono pratiche di respingimento ai confini esterni, in contrasto con l’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo che vieta la tortura e i trattamenti inumani e degradanti.
In questo quadro, le parole di Primo Levi ci impongono di riconoscere le analogie simboliche – seppure non equivalenti – tra la disumanizzazione del passato e le dinamiche attuali di esclusione e indifferenza.

Educazione alla memoria come strumento giuridico-sociale

La memoria non può essere relegata a commemorazione rituale. Essa deve essere parte integrante dei processi educativi, istituzionali e normativi. Come affermato anche dalla Corte Costituzionale italiana, «la tutela della dignità umana costituisce il nucleo insopprimibile dell’ordinamento democratico» (sent. n. 233/2018). In quest’ottica, educare alla memoria significa formare cittadini consapevoli dei propri diritti e delle responsabilità sociali.L’approccio interculturale, in particolare, consente di leggere le memorie plurali che attraversano oggi la società italiana: le memorie delle migrazioni, delle discriminazioni etniche, delle violenze di genere. In questo senso, la mediazione interculturale può diventare uno strumento fondamentale per costruire una cultura giuridica realmente inclusiva.Il diritto non è neutrale. È costruito su valori, e tra questi valori, la memoria storica occupa un ruolo centrale. Le parole di Primo Levi ci ricordano che ogni epoca è attraversata da scelte individuali e collettive, e che la difesa dei diritti fondamentali non è mai definitiva. Spetta alle istituzioni, agli operatori sociali, ai giuristi e ai cittadini vigilare, ricordare, educare.
Solo così possiamo evitare che le forme moderne di disumanizzazione si radichino nel nostro vivere civile. Solo così la memoria può diventare diritto, e il diritto può diventare giustizia.

Bibliografia essenziale
 Primo Levi, Se questo è un uomo, Torino, Einaudi, 1947.
 Costituzione della Repubblica Italiana.
 Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, 1948.
 Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati, 1951.
 Convenzione europea dei diritti dell’uomo, 1950.
 Corte Costituzionale, sentenza n. 233/2018.

 

pH Pixabay senza royalty

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.