Partire è un po’ morire. Se non lo è, quantomeno partire, o ritornare, sicuramente puo’ far spazientire. Lo scorso week end, i tanti italiani che avevano deciso di spostarsi via aria o via terra, hanno vissuto un vero e proprio incubo.
Sabato sera, il traffico aereo è  andato in tilt nel Nord Italia per il crash della torre di controllo di Milano. Nemmeno il tempo di un paventato ritorno alla normalità che, nella  giornata successiva di domenica,  ennesimi e pesanti ritardi  ferroviari fino a 4 ore, si sono avuti per colpa di un treno guasto nella zona di Anagni che ha di fatto rallentato la circolazione sulla tratta Roma/Napoli, vero asse di collegamento fra Nord e Sud.  L’ennesima polemica personalizzata si è  subito innestata con annesso scarico di responsabilità fra Governo, Autorità, Enti ed Aziende che a vario titolo si occupano di trasporti. Che Matteo Salvini, a capo del Ministero che muove o dovrebbe far muovere l’Italia,  si affretti a trovare giustificazioni poco importa. È soltanto l’ennesima “pezza a colori” , l’ennesima giustifica che tenta di dare dopo i chiodi del passato. A nessuno , tantomeno al povero viaggiatore bloccato, interessa  questa triste pantomima , incazzato nero  mentre il suo aereo viene dirottato a Venezia o a Marsiglia o il treno si pianta in una sperduta landa della Ciociaria  con 38° all’ombra.
Della polemica, delle giustifiche, delle colpe se ne parlerà  giusto per dare fiato a questo o quel Ministro, o politico, o Amministratore Delegato,  quando è del tutto evidente che l’infrastruttura ferroviaria del Paese è ormai stressata ai limiti delle proprie capacità.
La verità è che in Italia ci siamo innamorati dell’alta velocità. Abbiamo scoperto quanto è comodo raggiungere Milano da Roma in meno di tre ore o da Napoli in quattro e mezzo. Si testano e poi si aggiungono nuovi convogli, senza pensare che la morfologia del nostro paese è  talmente complessa che, se è vero che si possono migliorare i convogli, e’ molto più difficile che di possano creare nuove strade di comunicazione.  Bastano un guasto banale, i cantieri sparpagliati per l’Italia che si sono moltiplicati con i fondi del PNRR, una manutenzione supplementare di una tratta o di un convoglio, un babale guasto ed il collasso è servito.
Siamo passati dal contestare l’alta velocità perché rovinava l’ambiente,  al ravvedimento quando abbiamo constatato i tempi di percorrenza ridotti; si pretendono nuovi treni ad alta velocità dimenticandoci che servono prima le infrastrutture per l’alta velocità. Mancano soprattutto i collegamenti est/ ovest dovuti ad un territorio tortuoso con gli Appennini a fare da vera e propria barriera, a discapito soprattutto delle zone interne. Città  come Campobasso, Potenza, Benevento, le interne del Lazio, quelle dell’Umbria faticano ad emergere dai loro isolamento territoriale, soprattutto per la mancanza vie di comunicazione ad ampio raggio. Avete mai provato a muovermi con un treno per arrivare a Perugia o Viterbo? Senza un’autovettura avete mai raggiunto Termoli da Benevento distante circa 140 km? O di  Potenza mal collegata col litorale pugliese?
Quanto ai problemi al traffico aereo di sabato, assistiamo attoniti a un incredibile balletto di responsabilità: è colpa della Tim, dice l’Ente nazionale assistenza al volo (Enav) e la Tim replica di essere estranea ai fatti. Insomma, come sempre, sul carro dei vincitori ci salgono tutti ma la sconfitta è orfana. Per tacere delle Cyber paure legate alla Russia.
E al viaggiatore pronto a salire su un treno o su un aereo non resta che affidarsi a qualche Santo,  sperando che il viaggio non diventi un Odissea (ma anche per mare non è  che vada tutto a gonfie vele)
by scugnizzo forever
pH Pixabay senza royalty

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

CAPTCHA ImageChange Image

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.