Di Carlo di Stanislao

 

“La follia è spesso la saggezza del cuore travestita da sogno.”
— Michel de Montaigne

Le voci che resistono

In un mondo che crolla sotto il peso delle sue contraddizioni – guerre che sembrano eterne, crisi ambientali che divorano il futuro, disuguaglianze che diventano normalità – due voci provenienti dal passato sembrano emergere dalle pieghe della letteratura per interrogarci. Sono le voci di Don Chisciotte, il cavaliere errante di Cervantes, e di Pantagruel, il gigante saggio e ridente creato da Rabelais.

Appartengono a un altro tempo, ma oggi ci parlano come se avessero atteso a lungo il momento di dire la loro. Non portano soluzioni, ma visioni; non risposte facili, ma domande potenti. E soprattutto, portano un messaggio che ci costringe a guardare dentro la nostra stessa umanità.

Don Chisciotte: la follia dell’onore

Don Chisciotte vive nel mito della cavalleria, combatte contro mulini a vento che scambia per giganti, difende dame inesistenti, crede nella giustizia come se fosse ancora possibile trovarla su questa terra. In un mondo dominato dall’utilitarismo, dal calcolo, dal profitto, egli incarna la voce solitaria della coscienza che rifiuta di arrendersi all’evidenza.

Oggi, probabilmente, indosserebbe una corazza fatta di cartone riciclato e uscirebbe a protestare da solo davanti alle ambasciate, brandendo la sua lancia di legno e declamando articoli della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Verrebbe ridicolizzato, etichettato come “idealista cronico” o “teatrante da social”. Ma i suoi occhi – quelli sì – resterebbero fissi sull’orizzonte di un mondo più giusto.

Don Chisciotte non è folle perché crede in un mondo migliore. È folle perché continua a crederci anche quando tutti gli altri hanno smesso.

Pantagruel: la saggezza del corpo e del riso

Pantagruel è l’altra faccia dell’umanesimo. Dove Don Chisciotte è asciutto, mistico e solitario, Pantagruel è corporeo, conviviale, smisurato. Ama il sapere ma lo accompagna col vino; è figlio della satira, del dubbio, del gioco. Rabelais lo creò per deridere le autorità dogmatiche del suo tempo, ma anche per offrire una nuova visione dell’uomo: aperta, curiosa, viva.

Nel nostro presente, Pantagruel entrerebbe nelle aule universitarie per scompaginare i dogmi, sfiderebbe le élite culturali con una risata e un banchetto, aprirebbe biblioteche nei quartieri dimenticati delle periferie. Ci ricorderebbe che sapere non è potere se non è anche piacere, condivisione, dialogo. E che ridere – davvero ridere – è un atto politico, una forma di resistenza contro l’odio e l’apatia.

Insieme, nella nostra crisi

Immaginiamoli oggi, seduti su una panchina a guardare un mondo che brucia.

Don Chisciotte punterebbe il dito verso il cielo in fiamme: “È un drago! Lo combatterò!”
Pantagruel riderebbe, ma poi si farebbe serio: “È solo il riflesso delle nostre follie. Ma sì, andiamo. Portiamo anche del pane.”

Entrambi rifiutano la rassegnazione, ma in modi opposti. Don Chisciotte con l’assalto, Pantagruel con la festa. Ma entrambi credono – e qui sta la loro forza – che l’uomo possa ancora valere qualcosa. Non come ingranaggio, ma come essere pensante, sentente, sognante.

Mentre la logica dei conflitti ci parla di “danni collaterali”, loro parlano di vite.
Mentre la politica gioca con algoritmi e consensi, loro evocano verità più lente, ma più umane.
Mentre tutto sembra ruotare intorno alla produttività, loro celebrano l’inutile, l’imprevisto, l’assurdo.

Cosa ci insegnano?

Ci insegnano che l’uomo può ancora scegliere.
Che l’ironia può essere più potente della violenza.
Che la poesia può essere più vera della cronaca.
Che l’utopia, pur se irraggiungibile, è ciò che ci costringe a non fermarci.

Don Chisciotte ci insegna la dignità della lotta anche quando è persa in partenza.
Pantagruel ci insegna la potenza del riso e della conoscenza condivisa.
Entrambi ci ricordano che, anche nel caos, è possibile essere fedeli a se stessi.

Epilogo: Il mondo ha ancora bisogno di loro

Nel rumore delle bombe e dei dibattiti televisivi, in mezzo alle statistiche e ai meme, le loro voci potrebbero sembrare deboli. Ma sono le voci che restano. Quelle che non si arrendono. Quelle che ci invitano a pensare, ridere, sognare, combattere – con una lancia, con una battuta, con un libro.

Forse non salveranno il mondo, ma possono salvare qualcosa in noi.
E questo, oggi più che mai, è già una forma di resistenza.

“La libertà, Sancho, è uno dei più preziosi doni che ai cieli piacque dare agli uomini.”
— Don Chisciotte

“Vivete gioiosamente! Fate esperienza, ridete, imparate, e non obbedite mai a chi vi vuole tristi.”
— Pantagruel (se potesse parlare oggi)

 

pH Pixabay senza royalty

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