“Mai dubitare che un piccolo gruppo di cittadini coscienziosi e impegnati possa cambiare il mondo. In realtà è l’unica cosa che l’abbia mai fatto.”
— Margaret Mead
Da anni, nelle stanze impeccabili degli hotel di fascia alta, dove ogni dettaglio è pensato per coccolare l’ospite, si ripete una scenetta familiare: nel bagno, accanto al lavandino o appeso alla parete, un cartoncino invita con tono gentile a “riutilizzare l’asciugamano per aiutare l’ambiente”. Un gesto semplice, apparentemente virtuoso. Ma la realtà dietro quel messaggio è molto meno romantica di quanto voglia sembrare.
Quella che ci viene presentata come una scelta ecologica, in realtà è spesso una raffinata strategia di risparmio economico, mascherata da coscienza ambientale. La richiesta di riutilizzare l’asciugamano non è guidata da un vero impegno per il pianeta, ma dalla volontà di ridurre i costi di lavanderia, manodopera, acqua, elettricità e detersivi. È il perfetto esempio di greenwashing: adottare un linguaggio “verde” per migliorare l’immagine pubblica, senza fare nulla di realmente sostenibile.
L’ipocrisia a cinque stelle
Il paradosso è lampante: strutture che consumano enormi quantità di energia per climatizzare suite gigantesche, illuminare hall mastodontiche e mantenere attivi servizi h24 – spesso con sprechi alimentari e logistici colossali – pretendono di passare per paladine dell’ambiente perché ci chiedono di non far lavare un asciugamano.
Sarebbe ridicolo, se non fosse preoccupante.
Perché questa non è solo un’operazione d’immagine, ma un’azione che scarica la responsabilità sul cliente, trasformandolo da ospite coccolato in complice inconsapevole. L’albergatore risparmia, il cliente si sente moralmente a posto, ma l’impatto ambientale resta invariato o viene appena sfiorato, e nessun vero investimento viene fatto per modificare i processi strutturali.
Il gesto minimo che copre il vuoto
In un mondo che ha bisogno di cambiamenti radicali per affrontare la crisi climatica, ridurre tutto al riutilizzo di un asciugamano è un insulto all’intelligenza. È una forma di infantilizzazione del problema: come se bastasse un piccolo gesto individuale per compensare le tonnellate di emissioni prodotte da un’industria del turismo che vive di eccesso.
La riduzione degli sprechi non è una cattiva idea in sé, certo. Ma deve far parte di un progetto serio e integrato, che coinvolga tutto: dalla gestione energetica, ai fornitori locali, alla costruzione sostenibile, all’equità nei diritti dei lavoratori. Invece, nella maggior parte dei casi, ci si ferma all’unico gesto che non costa nulla all’hotel ma porta un ritorno d’immagine immediato.
E il messaggio è chiaro: “Fai tu qualcosa per l’ambiente, così noi possiamo continuare a fare come sempre.”
Quando la sostenibilità è solo una posa
Il problema non è solo ambientale, ma anche culturale. Viviamo in un tempo in cui la sostenibilità è diventata una moda, una parola da mettere nelle brochure, nelle pubblicità, nei social. I grandi brand – hotel compresi – hanno imparato che basta un colore verde, una foglia stilizzata e qualche frase ben congegnata per sembrare responsabili. È la nuova estetica del marketing etico, dove l’apparenza conta più dei fatti, e i numeri veri vengono nascosti sotto il tappeto.
In questo contesto, l’asciugamano è diventato un simbolo perfetto: un gesto piccolo, simbolico, indolore, che permette a tutti di sentirsi “parte della soluzione” senza cambiare davvero nulla. È l’emblema di una sostenibilità che consola, ma non trasforma.
Il cliente: spettatore o protagonista?
La responsabilità, però, non è solo degli hotel. Anche i clienti hanno un ruolo. Spesso accettano passivamente questo teatro del finto impegno, accontentandosi di non lavare l’asciugamano per lavarsi la coscienza. Ma oggi, chi può permettersi strutture di fascia alta ha anche la possibilità – e il dovere – di chiedere di più.
Pretendere trasparenza, verificare l’impegno reale degli hotel, leggere se esistono report ambientali, chiedere dove finiscono davvero quei risparmi. In altre parole: trasformare la consapevolezza in azione, e l’azione in pressione reale. Perché solo la domanda può cambiare l’offerta.
Come riconoscere il greenwashing
Per non cadere in trappola, bisogna imparare a leggere tra le righe. Un hotel realmente sostenibile:
- Usa energie rinnovabili certificate.
- Ha programmi di riduzione degli sprechi alimentari e idrici documentati.
- Collabora con fornitori locali ed etici.
- Rende pubblici i dati ambientali e i risultati dei controlli.
- Investe in formazione del personale e miglioramento delle condizioni di lavoro.
- È certificato da enti terzi e indipendenti, non da marchi interni autocelebrativi.
Tutto il resto è fumo negli occhi. E il cartellino dell’asciugamano è spesso solo l’insegna più visibile di una strategia vuota.
Conclusione: cambiare davvero, non solo sembrare
Il riutilizzo dell’asciugamano non salverà il pianeta. Non se resta l’unico gesto richiesto. Non se serve solo a migliorare i margini di guadagno degli hotel senza mettere in discussione il modello stesso di consumo eccessivo che li regge.
Il cambiamento climatico non si affronta con piccoli gesti isolati, ma con trasformazioni profonde, coerenti, trasparenti e sistemiche. Tutto il resto è retorica. E in troppi hotel di lusso, la sostenibilità è solo una messa in scena ben confezionata, che serve più al portafoglio dell’imprenditore che al futuro del pianeta.
Finché non lo capiremo – e non smetteremo di crederci – continueremo a farci prendere in giro. Un asciugamano alla volta.
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