A sette settimane dalla pubblicazione del comunicato la Corte costituzionale ancora non pubblica le motivazioni della annunciata decisione che ha sancito la costituzionalità dell’abrogazione del reato di abuso di ufficio avvenuta con la l. 9 agosto 2024, n. 114 (c.d. legge Nordio). La sentenza è maturata all’esito della camera di consiglio tenutasi il 7 maggio 2025, nella quale sono state esaminate le questioni di legittimità̀ costituzionale sollevate in relazione all’abolitio criminis in parola. Lo scrive l’Avv. Romolo Zarro.
Solitamente i termini sono più ridotti e solo per casi di rilevante complessità sono un poco più lunghi.
La Corte non poteva certo rilevare l’incostituzionalità, perché, com’è noto, anche sulla base di sue precedenti decisioni, in materia penale la Costituzione riserva al Parlamento la scelta di quali fatti punire o non punire più; sarebbe stata violata la riserva di legge se, con una sua decisione, fosse stato reintrodotto un reato abolito e che negli anni settanta/ottanta aveva dato luogo ad applicazioni controverse, che hanno richiesto frequentemente l’intervento del massimo Organo di garanzia costituzionale. E’ il c.d. divieto di sindacato delle leggi penali con effetti in malam partem, che la Consulta, come da precedenti decisioni, ammette eccezionalmente in pochi casi; tra questi vi è quello in cui esista nel diritto europeo o internazionale un obbligo di introdurre un certo reato. Il dubbio che si sono posti tredici Tribunali ed una sezione della Cassazione penale nel promuovere incidente costituzionale è che un qualche vincolo, con riguardo all’abuso d’ufficio, fosse previsto dalla Convenzione ONU di Merida contro la corruzione.
Emerge dal comunicato che la Corte ha ritenuto che nella Convenzione di Merida non sussiste l’obbligo di prevedere il reato di abuso d’ufficio, né il divieto di abrogarlo ove già esistente nell’ordinamento nazionale (c.d. clausola di stand still).
Sembra che la Corte, però, abbia valutato questo dubbio non destituito da ogni fondamento: ha infatti ritenuto ammissibili le questioni, ma evidentemente ha concluso escludendo, nel merito, l’esistenza di un vero e proprio obbligo di mantenere l’abuso d’ufficio, anche se detta Convenzione invita gli Stati firmatari a compiere un “ragionevole sforzo” per criminalizzarlo. I problemi legati, comunque, all’abolizione di eventuali abusi persistono e la Corte, come si attende di conoscere, potrebbe aver fatto risalire il contrasto ad altri principi, quali l’imparzialità della pubblica amministrazione, il buon andamento previsto dall’art 97 della Costituzione, che impone alla pubblica amministrazione di operare con efficienza, efficacia, economicità e tempestività, sempre perseguendo l’interesse pubblico e ad altre norme di carattere più generale, come, ritengono altri studiosi, riportandosi all’art. 314 bis C.p., recentemente modificato prima con D.L. poi con la legge 8 agosto 2024,n° 112.
Molti studiosi rilevano che sussisterebbero, però, ora vuoti di tutela dopo l’abrogazione; nel 2021, tuttavia, sono stati celebrati oltre 5.418 processi per tale reato con solo 27 condanne. Per i soprusi, cioè per eventuali arbitrii del potere pubblico a danno od a favore di cittadini, la dottrina evidenzia che essi risulterebbero sforniti di tutela penale, così anche gli abusi realizzati in conflitto di interessi, cioè per favorire una persona con cui si intratteneva una relazione qualificata e magari documentata. Vi sarebbero, allo stato, varie condotte che rimarrebbero sostanzialmente scoperte sotto il profilo della protezione penale. Evidentemente, però, il legislatore si porrà prima o poi il problema di colmare tale vuoto! Può la Corte aver rivolto un invito in tal senso?
E’, in effetti, fondamentale, come si verifica anche in Germania, in Francia, in Spagna (oltre che nel Regno Unito), una soluzione che consideri l’eventuale infedeltà alle norme da parte di chi svolge pubbliche funzioni, che raggiunga i più ampi consensi e che sia destinata a durare nel tempo.
Nella gerarchia dei valori fissati dalla Costituzione, infatti, sussistono anche tutele per i diritti dei privati cittadini rispetto ad eventuali soprusi dei pubblici poteri.
Si attende che la Corte costituzionale nelle motivazioni, che dovrebbero essere pubblicate tra breve, confermi, potenziandone i confini, l’identità del sistema penale, superando ogni incertezza anche per l’autonomia della magistratura. Tutto ciò nella logica dei contrappesi che governa il nostro ordinamento e che è garanzia di stabilità della vita consociata – conclude l’avv. Romolo Zarro.
                                                                                               

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