di Roberto Fronzuti Direttore dell’ Eco di Milano e Provincia
Il fascismo, anche dopo la morte di Benito Mussolini, che lo fondò negli anni ’20, non ha mai cessato di esistere; neppure ai nostri giorni con l’avvento delle nuove generazioni.
Al di là del fatto che abbiamo al governo Fratelli d’Italia, nato dalle ceneri del partito di Giorgio Almirante, che riporta nel simbolo la fiamma tricolore dell’Msi; il partito di chiara matrice fascista, la mentalità in essere nel ventennio mussoliniano è ancora in auge.
Basta andare in un ufficio statale, una caserma dei carabinieri o della polizia, per constatare il modo di fare degli addetti ai lavori (salvo eccezioni): non si pongono nei confronti dei cittadini come servitori, ma con una supposta aria di superiorità, perchè “loro sono lo Stato”; si sentono superiori rispetto ai comuni mortali.
Le cose sono peggiorate dall’arrivo del Covid in poi, con la storia degli appuntamenti; il rapporto con le persone, che lavorano nelle pubbliche amministrazioni, è diventato ancora più difficile dopo la pandemia.
Dalla fine dell’ultima guerra mondiale in poi, diverse nuove generazioni sono entrate a far parte del tessuto sociale, ma il fascismo ha continuato a sopravvivere allo stato latente nel nostro Paese.
Ad esempio, lo possiamo vedere nei fatti gravissimi accaduti a Genova il 22 luglio 2001, in occasione del G8, con un bilancio di molti feriti, frutto di sei pestaggi da parte delle forze dell’ordine.
L’esito del processo portò a numerose condanne e ne uscì una pessima immagine per il nostro Paese nel mondo.
Altrettanto gravi sono gli episodi che hanno avuto come teatro il carcere di Caserta e come protagonisti gli agenti della polizia penitenziaria che, in violazione delle leggi e dell’etica professionale, hanno percosso in modo violento i detenuti. Il processo, a ben 105 imputati, si è tenuto a Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020.
Sempre a Genova, all’inizio di quest’anno sono avvenuti atti gravissimi, che ricordano quanto è accaduto nel 2001, in occasione del G8; 5 poliziotti sono stati indagati.
A Firenze, il 18 febbraio 2023 alcuni studenti del liceo Michelangiolo, sono stati aggrediti, insultati e picchiati da una “squadraccia” di giovani che inneggiavano al fascismo.
E che dire delle persone morte nei posti di blocco? Anche a riguardo la lista è lunga e ne citiamo solo alcuni.
Giuseppe Uva, il 14 giugno 2008, dopo che, nella notte tra il 13 e il 14 giugno, era stato fermato ubriaco da due carabinieri, che lo portarono in caserma; successivamente venne trasferito, per un trattamento sanitario obbligatorio, nell’ospedale di Varese, dove morì la mattina successiva.
Il 25 settembre 2005 il diciottenne Federico Aldrovandi moriva pestato a sangue dalla polizia.
Ci sono voluti tre anni di processo e la battaglia dei genitori perché la sua morte venisse riconosciuta come omicidio e i quattro agenti che lo massacrarono fossero condannati (a tre anni di carcere).
Stefano Cucchi è morto a causa di un pestaggio il 22 ottobre 2009. Il PM ha chiuso l’inchiesta e richiesto il rinvio a giudizio dei carabinieri che lo arrestarono nel parco degli acquedotti di Roma, Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco; ai tre carabinieri, è stato contestato l’omicidio. Ai tre militari dell’Arma è contestato di aver provocato la morte di Stefano con schiaffi, calci e pugni.
Riccardo Magherini è morto a causa di un “meccanismo complesso di tipo tossico, disfunzionale cardiaco e asfittico”.
L’ex calciatore della primavera della Fiorentina, fermato nella notte tra il 2 e il 3 marzo dai carabinieri, è morto dopo l’intervento dei militari.
Questa è una breve rassegna stampa di casi clamorosi, ma avremmo potuto riempire una pagina intera.
Lungi da generalizzare giudizi sulle forze dell’ordine, noi sappiamo che a fronte delle mele marce, c’è un esercito di bravi poliziotti. Ma è innegabile dai fatti che abbiamo elencato, che esiste “il malessere”, che si chiama fascismo latente.
Purtroppo, senza dare nell’occhio, un po’ alla volta si sta restringendo le libertà individuali dei cittadini, con leggi e leggine.
A incominciare dal “bavaglio” messo ai giornalisti, che non possono più riportare in virgolettato, le motivazione di rinvio a giudizio degli imputati; sono obbligati a commentarlo con parole proprie, con il rischio di incorrere in errore e beccarsi una querela.
L’ultima grave minaccia alla democrazia è rappresentata dal divieto di occupazione delle strade in caso di proteste.
La Meloni vuole fare una riforma costituzionale che darebbe più poteri al presidente del Consiglio e spazzerebbe via Mattarella; speriamo che i cittadini impediscano questo scempio.
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