Una riflessione giuridico-sociale sulla violenza maschile contro le donne
Il presente contributo intende analizzare il fenomeno della violenza maschile contro le donne attraverso una prospettiva interdisciplinare che coniuga diritto, sociologia e studi di genere. Muovendo dal presupposto che la violenza non sia determinata da fattori biologici ma costruita culturalmente, si approfondiscono le cause strutturali e simboliche di tale fenomeno, soffermandosi sull’efficacia delle normative vigenti e sull’urgenza di un cambiamento culturale ed educativo.
Introduzione
La violenza maschile sulle donne rappresenta uno dei fenomeni sociali più drammatici e persistenti nella contemporaneità. In Italia, secondo i dati ISTAT più recenti, una donna su tre ha subito almeno una volta nella vita violenza fisica o sessuale da parte di un uomo. Tale dato impone un interrogativo fondamentale: da dove origina questa violenza sistemica? È frutto della natura maschile o è il risultato di un processo culturale e sociale?
Partendo dalla citazione:
“Non è la natura a fare l’uomo violento, ma la cultura che gli insegna a dominare”,
si propone una lettura critica delle mascolinità patriarcali e delle dinamiche giuridiche e sociali che permettono il perpetuarsi di questa violenza.
La costruzione culturale della violenza maschile
Le teorie sociologiche più accreditate hanno evidenziato come la violenza maschile non sia un comportamento innato, ma appreso all’interno di un sistema culturale fondato sul dominio e sulla gerarchia di genere. Secondo R.W. Connell, teorico delle mascolinità, esiste un modello di mascolinità egemonica che legittima forme di potere e controllo degli uomini sulle donne.
Tale modello viene trasmesso attraverso la socializzazione, i media, la famiglia, le istituzioni religiose e scolastiche. L’uomo che esercita violenza non è un mostro isolato, ma un prodotto di un contesto che lo legittima e, in molti casi, lo giustifica.
Il quadro empirico: dati sulla violenza di genere
L’ISTAT (2023) fornisce un quadro allarmante³:
Il 31,5% delle donne ha subito violenze fisiche o sessuali;
Nel 62% dei casi, l’autore è il partner attuale o ex;
L’81% delle donne vittime di violenza domestica non sporge denuncia;
Il 26% ha subito violenza economica e il 24% psicologica.
Questi dati confermano la diffusione capillare e strutturale del fenomeno. Particolarmente grave è la condizione delle donne che subiscono violenza assistita, ovvero quella esercitata in presenza di figli minori, spesso inconsapevoli vittime a loro volta.
La risposta normativa: tra progressi e criticità
Sul piano giuridico, l’Italia ha compiuto passi importanti:
Legge 154/2001, che ha introdotto misure cautelari e strumenti di protezione;
Legge 77/2013, di ratifica della Convenzione di Istanbul, primo strumento giuridicamente vincolante a livello internazionale.
Legge 69/2019, nota come Codice Rosso, che ha introdotto i reati di revenge porn, deformazione dell’aspetto permanente del viso, costrizione al matrimonio.
Tuttavia, permangono numerosi limiti applicativi:
disomogeneità nelle prassi giudiziarie;
formazione inadeguata degli operatori;
insufficienza di strutture di accoglienza e supporto (case rifugio, percorsi di autonomia economica).
La giurisprudenza, sebbene attenta, non sempre è capace di offrire una protezione tempestiva e completa, soprattutto nei casi in cui le donne non denunciano per paura, dipendenza economica o sfiducia nel sistema.
La dimensione culturale: prevenzione, educazione, coinvolgimento maschile
La sola repressione penale non è sufficiente. È necessario agire a monte, investendo sull’educazione e sul cambiamento culturale. Le politiche di prevenzione devono basarsi su:
introduzione obbligatoria dell’educazione affettiva e di genere nelle scuole;
promozione della responsabilità maschile nel contrasto alla violenza⁷;
contrasto agli stereotipi mediatici, che spesso riducono i femminicidi a “raptus” o “delitti passionali”.
La trasformazione delle mascolinità è possibile solo se sostenuta da pratiche educative, reti sociali e modelli alternativi di virilità, non fondati sul dominio.
Conclusioni
La violenza maschile sulle donne non è un’emergenza passeggera, ma un problema strutturale, radicato nelle relazioni sociali, nei modelli educativi e nei dispositivi giuridici. Il diritto ha il compito di garantire tutela e giustizia, ma la società deve assumersi la responsabilità della prevenzione culturale.
Come sottolinea Connell, la trasformazione delle mascolinità è uno snodo cruciale per liberare anche gli uomini dai modelli oppressivi imposti dal patriarcato⁸.
Solo così potremo realizzare una vera uguaglianza sostanziale, che protegga la libertà e la dignità di ogni persona, a partire dalle donne.
Note
1. ISTAT (2023), La violenza contro le donne dentro e fuori la famiglia, https://www.istat.it.
2. Connell, R.W. (2019), Maschilità. Identità e trasformazioni del maschile, Feltrinelli.
3. ISTAT (2023), Stereotipi di genere, discriminazioni e violenza, https://www.istat.it.
4. Ministero dell’Interno (2023), Report sulla violenza di genere in Italia.
5. Consiglio d’Europa, Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, 2011.
6. Legge 19 luglio 2019, n. 69 (Codice Rosso), G.U. n. 173 del 25 luglio 2019.