Amori segreti dal cuore di Napoli
di Carlo di Stanislao
L’amore non conosce altra legge che se stesso
Honoré de Balzac
Napoli custodisce segreti in ogni pietra, in ogni vicolo, in ogni silenzio del tempo. Ma alcuni di questi segreti, per quanto nascosti, sono destinati a tornare alla luce. È il caso delle cinque lettere d’amore recentemente pubblicate dal quotidiano Il Mattino, scritte da una delle figure più affascinanti e misteriose del Settecento napoletano: Raimondo di Sangro, Principe di San Severo.
Per secoli, il nome di Raimondo è stato legato a leggende, invenzioni alchemiche, esperimenti scientifici al limite del credibile, e a quella straordinaria Cappella Sansevero, capolavoro d’arte, simbolismo e spiritualità. Tuttavia, queste lettere inedite, rinvenute in un archivio privato nelle vicinanze della cappella, aprono una finestra nuova e sorprendente sulla sua vita: quella dell’uomo innamorato, vulnerabile, appassionato e spesso tormentato.
Cinque lettere, cinque voci femminili, cinque stati dell’anima
L’amore come elevazione spirituale
La prima lettera, datata primavera del 1754, è rivolta a una donna profondamente devota. Raimondo la descrive come un essere celeste, un’anima luminosa capace di elevare anche le sue inclinazioni più terrene. Il tono è dolce, quasi religioso, e sembra riflettere una concezione dell’amore che va oltre la carne, sfiorando la sacralità. In alcuni passaggi, l’amata viene paragonata a una figura angelica, e l’amore stesso è definito “l’unica forma possibile di redenzione”.
L’amore come dialogo tra menti
In una seconda lettera emerge invece una relazione fatta di scambio intellettuale. La destinataria sembra essere una donna curiosa, affascinata dalle scienze occulte e dalle ricerche esoteriche del principe. Raimondo si rivolge a lei con rispetto e complicità, condividendo ipotesi, esperimenti, riflessioni filosofiche. Questo amore è una forma di alleanza, un sodalizio spirituale e mentale. Le sue parole lasciano intuire che non cerca solo una compagna, ma una pari. Forse, proprio in questa donna aveva trovato una rara interlocutrice capace di capirlo davvero.
L’amore come desiderio e passione
La terza lettera segna un cambiamento netto nel tono e nel contenuto. Il principe scrive con ardore, con un linguaggio più diretto, dove la sensualità affiora con forza. Descrive il corpo dell’amata con immagini vive, quasi anatomiche, ma sempre poetiche. L’amore si fa corporeo, bruciante, insaziabile. In alcuni passaggi, Raimondo paragona il battito del suo cuore a quello di una macchina animata dal desiderio. È un amore terreno, fatto di carne, sguardi, vicinanza fisica. Una passione vissuta senza filtri, forse in segreto.
L’amore come ferita, come distanza
La quarta lettera, scritta sul finire dell’estate 1755, è un lamento intimo. L’amata è lontana, e la sua assenza pesa come un velo di marmo sull’animo del principe. In un passaggio struggente, Raimondo scrive che il suo cuore è come il Cristo velato della cappella: perfettamente scolpito, ma segnato da un dolore trasparente, visibile solo a chi sa guardare oltre l’apparenza. L’amore, qui, si fa sofferenza, nostalgia, bisogno dell’altro. È il momento più malinconico e forse più autentico di tutte le missive.
L’amore come sacrificio
L’ultima lettera, datata febbraio 1756, è la più sobria ma anche la più toccante. Raimondo prende congedo. Scrive con calma, quasi con rassegnazione. I motivi della separazione non vengono mai detti apertamente, ma si intuisce che si tratta di ostacoli sociali, familiari, forse religiosi. L’amore, in questo caso, cede il passo al dovere. Ma resta vivo, nonostante l’addio. Le parole finali sono un misto di gratitudine e dolore, come se il principe sapesse di dover rinunciare a qualcosa di essenziale, ma non potesse fare altrimenti.
Un altro volto del principe
Attraverso queste cinque lettere, Raimondo di Sangro ci appare sotto una luce nuova, più intima, più fragile. Per lungo tempo, è stato raccontato come un genio isolato, un alchimista solitario, un nobile eccentrico capace di far scorrere sangue nelle vene delle statue. Ma qui emerge qualcosa di più profondo: un uomo che ha amato, che ha desiderato, che ha sofferto.
Queste lettere non cancellano il mistero che avvolge la sua figura. Anzi, lo arricchiscono. Aggiungono sfumature emotive a un personaggio che sembrava scolpito nella razionalità. Rivelano che dietro l’uomo delle formule e delle sculture, c’era un cuore vero, vulnerabile e capace di scrivere parole che ancora oggi commuovono.
Perché leggerle oggi
Riscoprire oggi queste lettere significa restituire all’amore il suo valore universale, fatto di contrasti, di altezze spirituali e cadute terrene. Significa anche rileggere la storia con occhi nuovi, accorgersi che la verità non sta solo nei fatti, ma nei sentimenti, nei sussurri, nelle parole non dette.
Le lettere del Principe di San Severo sono un invito alla profondità, un inno alla complessità dell’animo umano, e una preziosa testimonianza che anche il genio, anche il visionario, anche il mito… può aver amato, e forse più intensamente di chiunque altro.