Di Carlo di Stanislao 

“La vera grandezza di un popolo si misura dalla sua capacità di proteggere i più deboli.” – Thomas Mann

Il Parlamento italiano si prepara a discutere una nuova legge che prevede l’istituzione di una riserva militare composta da almeno 10.000 riservisti, ovvero ex militari congedati senza demerito, richiamabili in caso di emergenza nazionale o conflitto. Sebbene questa proposta venga presentata come una risposta necessaria alle crescenti tensioni geopolitiche, rappresenta una scelta che merita una riflessione critica profonda, poiché rischia di tradursi in un enorme spreco di risorse pubbliche in un momento in cui il Paese ha ben altre priorità.

Un costo enorme che grava sulle spalle degli italiani

La legge prevede corsi di addestramento annuali, controlli medici obbligatori e una retribuzione di circa 6.000 euro l’anno per ciascun riservista. Solo per mantenere attiva questa riserva da 10.000 unità, la spesa annua si aggira sui 60 milioni di euro, senza contare i costi indiretti e organizzativi che inevitabilmente si aggiungeranno.

Ma il quadro finanziario peggiora ulteriormente se si considerano altri ingenti investimenti militari e infrastrutturali in discussione o già previsti dal governo, come l’hub militare in Albania, che costa oltre 500 milioni di euro, e il Ponte di Messina, la cui realizzazione è stimata intorno ai 15 miliardi di euro.

Sommandoli, si arriva a una spesa complessiva superiore ai 16 miliardi di euro, una cifra colossale che potrebbe essere destinata a interventi più urgenti e di impatto immediato per il benessere dei cittadini italiani.

Un’alternativa concreta: investire in sanità e istruzione

Con 16 miliardi di euro si potrebbero fare enormi passi avanti in settori chiave come la sanità e l’istruzione, settori da troppo tempo trascurati e sottofinanziati.

  • Sanità: Considerando un costo medio annuo per l’assunzione e la gestione di un medico o infermiere di circa 40.000 euro, con 16 miliardi si potrebbero assumere più di 400.000 operatori sanitari. Questa cifra, enorme, potrebbe rivoluzionare la qualità e la disponibilità dei servizi, ridurre drasticamente le liste d’attesa e potenziare le strutture ospedaliere pubbliche, migliorando la salute di milioni di cittadini.
  • Istruzione: Un insegnante, con tutti i costi inclusi, costa allo Stato circa 35.000 euro all’anno. Destinando 16 miliardi di euro in un periodo di 5 anni (3,2 miliardi all’anno), si potrebbero assumere ogni anno oltre 90.000 insegnanti. Questo significherebbe ridurre notevolmente la dimensione delle classi, garantire la presenza stabile di docenti in tutte le regioni, potenziare l’offerta formativa e migliorare sensibilmente la qualità dell’istruzione pubblica.

Le infrastrutture stradali: un’emergenza ignorata

Oltre a sanità e scuola, la rete stradale italiana versa in condizioni critiche. Con la stessa cifra si potrebbero rifare o migliorare migliaia di chilometri di strade urbane ed extraurbane. Investire nelle infrastrutture significa aumentare la sicurezza degli automobilisti, facilitare i trasporti e rilanciare l’economia locale, creando inoltre migliaia di posti di lavoro nel settore edile e della manutenzione.

Una scelta politica fuori dal tempo e dalle priorità

Mentre la legge sui riservisti viene spinta come uno strumento necessario per la difesa nazionale, essa si inserisce in un contesto di difficoltà demografiche, carenza di personale nei servizi pubblici essenziali e infrastrutture in degrado. Di fronte a questi problemi, la priorità dovrebbe essere quella di investire risorse nelle persone e nelle strutture sociali, non in nuove forme di militarizzazione.

Inoltre, molte delle spese militari e infrastrutturali annunciate, come l’hub in Albania o il Ponte di Messina, sono fortemente criticate per la loro inefficacia o per la dubbia utilità economica e strategica, soprattutto se paragonate ai bisogni reali della popolazione.

Conclusione: un’occasione persa per costruire un’Italia migliore

In un momento storico complesso, in cui la minaccia di conflitti armati rimane solo un’ipotesi e la vera emergenza è la tenuta sociale ed economica del Paese, destinare decine di miliardi a misure militari poco necessarie appare una scelta miope e pericolosa.

Non è solo una questione di numeri: è una questione di visione politica e di valori. Perché investire ingenti risorse nella preparazione alla guerra, quando lo stesso denaro potrebbe essere utilizzato per garantire salute, istruzione, sicurezza stradale e quindi un futuro migliore per tutti gli italiani?

L’Italia ha bisogno di pace, sì, ma soprattutto di giustizia sociale e di un welfare efficace che metta al centro la persona e la sua qualità di vita. Solo così potremo davvero costruire una società più forte, equa e resiliente.

 

pH Pixabay senza royalty

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