Di Paola Francesca Moretti

Un tuffo indietro nel tempo, uno sforzo mnemonico ma nemmeno più di tanto, giacché la cronaca lo fa rivivere quotidianamente. A cosa mi riferisco? Al delitto di Garlasco, argomento che apre e chiude le discussioni nei talk show che si occupano principalmente di storie di nera. Il macabro racconto inizia così, era una calda giornata estiva del 13 agosto 2007 quando una mano assassina ha deciso – per un motivo che non ho compreso – di togliere la vita alla 26enne Chiara Poggi. A distanza di quasi 18 anni si indaga ancora, probabilmente oggi più di all’ora. D’altra parte i metodi di ricerca e analisi delle tracce della scena del crimine si sono evolute, e se la procura ha dubbi su come, all’epoca, sono state condotte le indagini e sullo stesso assassino – attualmente ancora in stato di detenzione – ritengo sia giusto che le ricerche proseguano. Sono dell’opinione che sia meglio un assassino a piede libero che un innocente ospite delle patrie galere.
Il delitto di Garlasco è uno dei casi più intricati e discussi della cronaca nostrana. L’uccisione di Chiara ha scosso l’opinione pubblica, non solo per la malvagità del crimine, ma anche per le ripercussioni emotive e sociali. In mezzo a tanto clamore mediatico si staglia la figura dell’avvocato Massimo Lovati con dichiarazioni dal sapore parossistico, un legale difensore sognatore, nel suo suggestivo sogno l’unico accusato dell’omicidio, Alberto Stasi, insieme al suo assistito Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara e assiduo frequentatore della villetta Poggi, sarebbero innocenti. La 26enne sarebbe stata uccisa da un killer X perché aveva scoperto un segreto indicibile. Il sogno dell’avvocato assume toni intriganti quando racconta di una sorta di santuario dove una volta a settimana si attuavano pratiche di esorcismo, nella visione di Lovati sono presenti anche fatti di pedofilia.
Tra sogni e suggestioni mi sono chiesta, visto che anche i preti sono stati tirati in ballo in questa faccenda dai contorni nebulosi, in quale girone dantesco si collocano gli ecclesiastici?
In diversi casi di cronaca sono coinvolti religiosi, il bello o il brutto – fate voi – si rimane ancora terribilmente scioccati quando viene a galla di un prete non retto e giusto, magari ladro o pedofilo. Non sarà che sin da piccoli ci è stato fatto il lavaggio del cervello facendoci pensare che i preti sono inclini per natura alla bontà d’animo e ligi samaritani? Che orribile delusione quando apprendiamo che pure loro si macchiano di crimini raccapriccianti.
Ma davvero possiamo pensare che si possa essere buoni per natura? “L’abito non fa il monaco”, recita un proverbio, dunque, prima di diventare frati, sacerdoti, monaci sono uomini. L’essere umano ha quella sorta di libertà di scelta tra il male e il bene. Ovviamente dai religiosi ci si aspetterebbe un comportamento integerrimo ma in ogni campo c’è la pecora nera, quella insomma che non rispetta le promesse, pensiamo al medico molestatore, all’insegnante maltrattante e l’elenco è lungo, meglio fermarmi. Alludo a tutte quelle professioni dove il rispetto e la comprensione dovrebbero essere valori primari e invece la cronaca puntualmente ci restituisce l’altro lato, quello oscuro e malevolo che caratterizza il professionista. Che dire, bisogna sperare che il numero rimanga circoscritto a pochi casi.
Alla fine in quale girone dantesco si collocano i preti?
Lascio ai lettori dell’Eco del Sannio rispondere, ognuno in base alla propria esperienza di vita.

 

pH Pixabay senza royalty

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