I provvedimenti antimafia applicati in attività di raccolta di giochi e scommesse possono fondarsi su “elementi indiziari, anche non penalmente rilevanti, se ritenuti gravi, precisi e concordanti”. Questo è quanto emerge da una sentenza del Tribunale Amministrativo della Regione Campania che, come riporta Agipronews, ha respinto il ricorso proposto da una società operante nel settore giochi contro un’interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Benevento. Quest’ultima aveva riscontrato un concreto rischio di infiltrazione mafiosa nella società ricorrente, fondata su diversi elementi indiziari ritenuti particolarmente rilevanti. Nel settembre 2021, durante un’ispezione in una sala giochi della società, sono stati trovati apparecchi VLT attivi senza licenza, poi sequestrati. Inoltre, l’amministratore della società è figlio di un soggetto ritenuto affiliato a un clan mafioso.
Dalle indagini condotte dai Carabinieri e della Guardia di Finanza, è emerso anche che tra le diverse attività di carattere criminoso risultava l’organizzazione in merito alla “distribuzione monopolistica delle slot machine in molti esercizi commerciali di Roma ricorrendo a condotte di illecita concorrenza con violenza e minaccia”. Dalle indagini, continua Agipronews, è risultato un sistema imprenditoriale familiare (più società riconducibili ai familiari), utilizzato per esercitare un controllo occulto sul settore dei giochi. Il Tar Campania – confermando la legittimità dell’interdittiva antimafia – ha deciso di respingere il ricorso del gestore ritenendo “fondato” il provvedimento della Questura di Benevento, poiché “la ricostruzione dei fatti presenta diversi elementi (sentenze penali, misure di prevenzione, attività investigative) che delineano un profilo criminale attuale del padre dell’amministratore”.

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