Tra interiorità e grazia, le differenze con Francesco e Ratzinger, il legame con l’Oriente e le prime riforme concrete

 

Di Carlo di Stanislao 

«Inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te» – Sant’Agostino

L’elezione di Leone XIV, che ha esordito affermando di essere “figlio di Sant’Agostino”, segna un punto di svolta nel cammino della Chiesa. La sua figura racchiude insieme una forte tensione interiore, una visione spirituale esigente e una decisa volontà di riforma, anche sul piano pratico. Già nei suoi primi giorni di pontificato ha lanciato segnali di discontinuità, non solo a livello teologico e spirituale, ma anche istituzionale e gestionale, come dimostrano le prime iniziative sullo IOR, la banca vaticana.

Una spiritualità interiore e universale

Leone XIV si rifà a un Agostino profondamente mistico e interiore: un pensatore per cui la verità non si riceve passivamente da fuori, ma si scopre nella profondità dell’anima. Questa impostazione lo rende distante dalla pastorale diretta e popolare di papa Francesco, così come dalla chiarezza dogmatica e sistematica di Benedetto XVI.

Il nuovo pontefice propone invece una fede come ricerca, come desiderio inquieto, come passaggio dalla dispersione all’unità. «Non uscire fuori di te, rientra in te stesso» – ammoniva Agostino – e Leone XIV sembra voler riprendere questo invito in un mondo dominato dall’esteriorità e dalla confusione.

Le differenze con Francesco e Benedetto

Mentre Francesco ha incarnato la missione del Vangelo attraverso il discernimento storico e la misericordia concreta, e Ratzinger ha offerto alla Chiesa una riflessione limpida e rigorosa sulla verità teologica, Leone XIV punta su un terzo registro: quello dell’esperienza spirituale, dell’introspezione, della trasfigurazione personale.

Non meno significativa è la differenza nella concezione della Chiesa stessa: per Francesco è un ospedale da campo; per Benedetto, la custode della verità rivelata; per Leone XIV sembra invece essere la comunità degli spiriti in ricerca, chiamata a scoprire Dio nella luce interiore, attraverso la grazia, l’amore e il destino ultimo dell’uomo.

Il legame con l’Oriente cristiano

Proprio questa dimensione contemplativa e teologica avvicina Leone XIV alla tradizione ortodossa. La sua sensibilità verso la divinizzazione dell’uomo, il ruolo della grazia non solo come perdono ma come trasformazione, l’attenzione alla preghiera del cuore, lo rendono un interlocutore privilegiato della Chiesa d’Oriente.

Non è un caso che il nuovo papa, nelle prime udienze, abbia espresso ammirazione per la teologia mistica orientale, indicando un possibile cammino di riconciliazione non dogmatica ma spirituale, in cui si condivida la medesima sete del divino, aldilà delle differenze ecclesiali e storiche.

Il ritorno della grazia e dell’amore come peso dell’anima

Nella visione di Leone XIV, tutto converge verso la scoperta del primato dell’amore, che per Agostino è la forza che muove l’essere umano: pondus meum amor meus. È questo amore che – nelle Confessioni – emerge anche attraverso i suoi amori giovanili, nei quali Agostino amava l’amore stesso, senza ancora comprenderne l’origine divina.

Riprendere oggi quel linguaggio significa dare profondità a una cultura emotiva e frammentata, recuperare la dimensione del desiderio come nostalgia di Dio, restituire senso alla bellezza delle relazioni, alla sacralità del legame, in un tempo in cui anche l’amore rischia di essere svuotato o travisato.

Prime riforme concrete: lo IOR nel segno della trasparenza

Ma Leone XIV non è soltanto un papa di pensiero e interiorità. I suoi primi atti indicano una volontà di riforma netta, che lo distingue da entrambi i suoi predecessori anche su un piano istituzionale.

In pochi giorni ha già annunciato una revisione dei vertici dello IOR, la banca vaticana, con un mandato chiaro: maggiore trasparenza, supervisione internazionale e coerenza con la missione spirituale della Chiesa. Tra le prime mosse, si segnala:

  • La nomina di un’autorità esterna indipendente per la vigilanza dei fondi.
  • L’avvio di una revisione etica degli investimenti, per garantire che nessun fondo sostenga attività contrarie alla dottrina sociale della Chiesa.
  • L’annuncio di una rendicontazione pubblica annuale, accessibile anche ai fedeli.

Si tratta di segnali forti, che si distinguono sia dalla prudenza di Benedetto XVI, sia dal metodo più indiretto e graduale adottato da Francesco. Leone XIV sembra voler ripulire con decisione ciò che è stato a lungo fonte di scandali e opacità, con coerenza rispetto alla sua visione spirituale: una Chiesa che predica l’interiorità deve essere limpida anche nel denaro.

Una nuova direzione: dall’Ippona a Roma, passando per Bisanzio

In Leone XIV si fondono radici antiche e sfide moderne: Agostino, con la sua interiorità struggente e la sua teologia della grazia; l’Oriente, con il suo sguardo mistico e trasfigurato; la Chiesa contemporanea, con il bisogno urgente di verità, pulizia e bellezza.

È presto per dire se questo pontificato saprà cambiare il volto della Chiesa, ma è già evidente che Leone XIV non sarà un papa convenzionale. Sarà forse un “pellegrino dell’interiorità”, chiamando il mondo a una nuova serietà dell’anima, mentre riforma con chiarezza e coraggio anche le strutture. Un papa non solo per credenti, ma per ogni uomo inquieto, che cerca luce oltre le cose.

 

pH Pixabay senza royalty

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