Di Antonio Corvino 

Era un freddo giorno di gennaio del 1961 allorché un giovane uomo appena eletto presidente degli Stati Uniti andò al microfono in un’aula zeppa di gente. Tutta l’America era rappresentata lì dentro e tutto il mondo attendeva…aveva vinto contro i pronostici e solo per una manciata di voti. Tutti lo attendevano al varco. Era davvero giovane quell’uomo. Aveva il volto ampio, aperto, illuminato da un sorriso profondo come se fosse strappato a qualche sofferenza che lo torturava. Una scheggia era conficcata nella sua schiena dai tempi della guerra e lontano dalle telecamere si doveva lasciare andare a smorfie di dolore lancinanti, sottoponendosi a continui trattamenti per alleviarne la morsa.

Andò al microfono e pose il braccio destro dietro la schiena per nascondere il tremore che l’emozione, la consapevolezza dell’enorme compito a cui era stato chiamato e la paura di essere travolto, gli procurava.
Disse con voce forte, sicura e suadente
“Non chiedetemi cosa l’America può fare per voi, ma cosa voi potete fare per l’America”.

Divenne il Presidente per antonomasia, il Presidente amato da tutti. Aveva indicato la nuova frontiera della pace, della cooperazione e del rispetto, dello sviluppo condiviso con tutto il mondo o almeno con quella parte del mondo che poteva definirsi libera in contrapposizione a quella che viveva oltre i muri e la cortina di ferro con l’incubo dei carri armati, epurazioni, carcerazioni, deportazioni, invasioni.
Intorno a lui vi erano intellettuali e scienziati e il mondo intero sembrava percorso da un afflato di fraternità che andava oltre i confini degli stati e dei continenti.

John Kenneth Galbraith ispirava la sua politica economica che vedeva lo Stato al centro delle sfide tecnologiche e di progresso.

I computer di Olivetti costellavano le postazioni della NASA e l’ENI di Enrico Mattei dettava la nuova stagione della integrazione-cooperazione con i paesi africani e mediorientali che aveva mandato in soffitta la presenza predatoria delle sette sorelle.
Il Mediterraneo aveva pari dignità con l’Atlantico.

A Mosca Chruščëv aveva finalmente voltato pagina ponendo fine alla repressione staliniana.
A Roma, sul soglio pontificio, sedeva Giovanni XXIII, il Papa materno che invitava alla poesia foriera d’amore umano oltre che divino ed apriva il cuore della Chiesa e le porte del regno di dio ai bambini ed a tutti gli uomini senza distinzione di credo religioso e di fede.
Il mondo sembrava non avere limiti alla sua espansione libertaria.

Tutti potevano correre e camminare, lavorare e discutere, professare le proprie idee e dare libero sfogo al proprio essere ed alla propria creatività.
Vi era la certezza che con quei tre uomini che formavano una sorta di triangolo che conteneva l’occhio di dio, il mondo non avrebbe deragliato.

La prova generale fu la crisi di Cuba.
Il pericolo concreto di una guerra mondiale nucleare.
Il mondo si sentì sospeso sull’orlo del baratro.

Ma quei tre uomini si parlarono e l’orizzonte si rischiarò. E con esso maturò la consapevolezza che una grande stagione di pace si fosse aperta davanti a tutta intera l’umanità.
E quella stagione diede i suoi frutti e non si esaurì più.

Nonostante la morte di Papa Giovanni, l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy, la defenestrazione di Nikita Chruščëv.
Nonostante la morte provocata di Adriano Olivetti e l’assassinio conclamato di Enrico Mattei. Nonostante il Vietnam del presidente Johnson e le politiche imperialiste che l’America di Kissinger, l’URSS di Brezhnev misero in atto, con Praga ed il Cile a far da pendant simmetrici.

I raduni oceanici non si fermarono.
Le proteste erano incontenibili e si propagavano di piazza in piazza nel mondo intero.A Praga, dove era vietato ogni assembramento ed aleggiava il martirio di Jan Palach a ricordo dell’invasione del 1968 che aveva spento la primavera, i ragazzi inventarono una loro forma di protesta ad irridere il potere e crearono nell’isola di Kampa, a due passi dal Ponte Carlo che scavalcava la Moldava che la conteneva, il Muro di John Lennon. Un muro innalzato dal regime venne trasformato in un’immensa tela dove tutti gli artisti, tutti i ragazzi e tutte le ragazze praghesi aggiungevano qualcosa al sogno infranto ma non cancellato e apponevano la loro firma, un colore, un disegno a ricostruire quel sogno…

Nell’Arcipelago Gulag, Solgenitsin raccontava le violenze del regime e le sofferenze dei condannati alla Siberia a causa delle loro idee non collimanti…
Gli Inti Illimani venivano in Italia a cantare il loro El Pueblo Unido jamas serà vencido… e tutti i giovani e meno giovani, ovunque nel mondo, sapevano di poter protestare, occupare università e fabbriche, invadere le piazze, urlare la loro voglia di giustizia, libertà e progresso, perché il potere, pur vestito ormai di una maschera feroce, aveva paura del popolo e lo rispettava.
Era questo il retaggio dell’epopea su cui la Storia aveva collocato Papa Giovanni, Kennedy e Chruščëv…

Dopo di loro vi era stata la cesura. Una terribile cesura tra potere e popolo. Eppure il popolo non si lasciava intimidire.

La stampa era feroce con il potere.
In America gli anticorpi erano vigorosi, inarrestabili…

Jean Baez e Bob Dylan continuavano a cantare ed i giovani con loro ovunque…
Il presidente Nixon fu costretto a dimettersi, smascherato dai giornali e dai giornalisti e contestato dai cittadini.
In Russia si preparava la Glasnost e la Perestrojka a rendere trasparente il regime sovietico ed a ripensare le basi della convivenza dei popoli in esso costretti ed un uomo nuovo indicava la strada della pacificazione. Gorbacëv si chiamava… acconto a lui, per la prima volta, vi era una donna. Raisa era il suo nome, era sua moglie ed era colta e raffinata quanto riservata.

Di qua, nella parte occidentale del mondo vi era Reagan, il presidente che professava la sua fede nel capitalismo più ortodosso che tuttavia non avrebbe mai messo in discussione la libertà dei popoli ed il loro diritto di protestare.
Nel 1989, mese di novembre, 9 novembre, cadde il muro di Berlino e gli Angeli di Wim Wenders si ritrovarono a casa…

Poi troppe cose si son rotte.
Il mondo si é trovato sottosopra…forse inebriato da un insperato senso di invincibilità ha lasciato che l’ipercapitalismo, metastasi del capitalismo, prendesse il sopravvento, ovunque nel mondo. Dagli Stati Uniti d’America, alla nuova Russia, alla Cina.
Oligarchi e plutocrati si sono impossessati delle risorse del mondo.
Gli Stati si sono ritirati abdicando in favore dei nuovi feudatari che han ridotto il mondo in loro potere. Ed essi non contemplano proteste e dissonanze. Ed hanno consolidato ai vertici dei più grandi paesi una Troika violenta e dedita a spartirsi il mondo…

Un cerbero a tre teste fa sentire ovunque il suo ringhio. Spaventando e inducendo chi é rimasto indietro a sottomettersi o ad armarsi sperando di ottenere un po’ di tranquillità o di diventare la quarta testa del cerbero. É il caso dell’Europa che oscilla sul trapezio della rassegnazione/ accucciamento/complicità o del riarmo, incapace di capire che l’unica via che ha davanti per smascherare la troika e rivelarne le nudità é quella del disarmo che darebbe voce agli anticorpi diffusi nel mondo ma dormienti.

É il caso di dire, come da formula rituale, “Dio salvi l’Europa” e le restituisca il senso della Storia… siamo pur sempre figli della Grecia e del Mediterraneo.

 

pH Pixabay senza royalty

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