L’ editoriale del Direttore Daniela Piesco

La democrazia è un equilibrio delicato. Si nutre della volontà popolare, ma si sostanzia nel rispetto della legge. Ogni volta che questo delicato equilibrio è messo alla prova, è nostro dovere riaffermare i principi che tutelano la nostra convivenza. La recente affermazione del giudice Silvia Albano,ospite della trasmissione ” Piazza Pulita” , secondo cui “chi è eletto non può fare come vuole”, è un campanello d’allarme che risuona con urgenza nel panorama politico italiano. In un’epoca in cui la retorica populista spesso confonde la volontà della maggioranza con la legittimità di qualunque azione, le parole del giudice Albano ci ricordano che la sovranità popolare non è un lasciapassare per l’arbitrio, ma una delega esercitata nei limiti della legalità costituzionale.

L’affermazione del giudice Albano non si limita a ricordare una ovvietà del diritto costituzionale, ma costituisce un avvertimento, una critica nemmeno tanto velata all’attuale governo. La deriva autoritaria è un pericolo sempre in agguato, e può manifestarsi anche in democrazie consolidate, quando chi è al potere cede alla tentazione di piegare le regole a proprio vantaggio. L’articolo 1 della Costituzione italiana, come giustamente ricordato dal giudice Albano, sancisce che la sovranità appartiene al popolo, ma specifica anche che questa sovranità è esercitata “nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Questa precisazione non è un mero cavillo giuridico, ma la pietra angolare su cui poggia la democrazia: il potere, anche quello di chi governa con il consenso popolare, non è illimitato, ma deve sempre operare nel rispetto delle regole.

Ora, se è vero che nel nostro paese da decenni assistiamo a un abuso della magistratura che, spesso e volentieri, interviene con argomenti più politici che giuridici nelle scelte dei governi di turno, è altrettanto vero che i recenti fatti di governo lasciano qualche dubbio sull’effettivo rispetto della legalità. Le politiche del governo attuale hanno spesso mostrato una certa tendenza ad agire al di là delle garanzie costituzionali. La fretta con cui sono stati portati avanti certi provvedimenti, la scarsa attenzione al dibattito parlamentare, la sottovalutazione del ruolo delle minoranze: tutto ciò indica una concezione del potere come dominio assoluto, non come servizio alla comunità. La Costituzione non è un ostacolo da superare, ma una guida che garantisce i diritti di tutti.

Il giudice Albano ha posto l’accento su un aspetto cruciale della Costituzione italiana: l’indipendenza della magistratura. I magistrati, come garanti della legalità, hanno il compito di vigilare affinché le azioni di governo restino entro i binari del diritto. Il loro ruolo è fondamentale in un paese democratico, perché impedisce che il potere possa agire in modo incontrollato. Non si tratta di un atto di sfida, come alcuni vorrebbero far credere, ma di una garanzia per tutti i cittadini. I diritti fondamentali, come ha detto il giudice Albano, sono “inviolabili” e la magistratura è chiamata a tutelarli, in particolare nei confronti delle azioni di chi governa.

In conclusione, l’intervento del giudice Albano non è una critica strumentale, ma un atto di responsabilità civile. Ci ricorda che l’esercizio del potere deve essere improntato alla legalità e al rispetto della Costituzione. I cittadini, in questo momento delicato della nostra storia, devono alzare la voce e far sentire la propria presenza. È necessario un dibattito pubblico serio e costruttivo, nel quale la Costituzione venga considerata come una stella polare da seguire, e non un laccio da spezzare. Il futuro della nostra democrazia dipende dalla nostra capacità di restare fedeli a questi principi, e l’avvertimento del giudice Albano non può essere ignorato.

 

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