Si dedica un’ora di Educazione civica, in seconda, alla lettura e al commento di un articolo di giornale sulla guerra fra Israele e Hezbollah. L’autore dell’articolo è Lorenzo Forlani, giornalista free-lance esperto in particolare di Libano, ma anche del conflitto Israele-Palestina.
Il contesto è un istituto tecnico della pianura bolognese, i ragazzi quindi hanno quindici anni. Gli alunni stranieri o di origine straniera sono più del 35% sul totale.
L’insegnante pochi giorni prima aveva dato ai ragazzi, trovata su internet e stampata, la foto a colori delle finestre di un liceo di Roma, il Manara, dove avevano esposto bandiere palestinesi e un lungo striscione con scritto Stop al genocidio. Dopo aver brevemente spiegato come e dove (Facebook) aveva trovato l’immagine, molto recente, l’insegnante ha detto che entro un giorno o due avrebbe fatto un’ora di educazione civica per discutere della situazione a Gaza, sotto i suoi vari aspetti.
Fino ad ora sono state dedicate all’argomento due ore, una il 9 ed una il 10 ottobre.
“Vista questa foto ho agito d’impulso. L’ho salvata e stampata e ne ho fatto alcune copie. Una l’ho affissa alla lavagnetta della sala insegnanti, una è questa che vi consegno. Non voglio che la affiggiate in classe, se non siete tutti d’accordo. Vorrei che discuteste della situazione di guerra a cui questa immagine è legata. Io trovo che quello che sta accadendo, soprattutto a Gaza, sia atroce, e che sia inaccettabile che vada avanti così da un anno senza che nessuno faccia nulla. Se l’argomento interessa anche voi, informatevi. E in classe, per Educazione civica, ne discuteremo”.
Riassunte ora, più o meno queste sono state le parole dell’insegnante.
Alla lettura dell’articolo di Forlani, il cui titolo è una domanda, “Perché è stato ucciso il leader di Hezbollah?”, si è dedicata parte sia della prima che della seconda delle ore di Educazione civica, perché nella lettura numerose sorgevano le domande a cui andava data una risposta. “Cos’è Hezbollah?”, “Dove si trova il Libano?”, “Cosa vuol dire West Bank?”, e molte altre le domande sorte.
L’argomento è tutt’altro che semplice, e l’insegnante lo ha ripetuto più volte.
E’ stata mostrata una cartina di Israele, ovviamente comprensiva dei territori di Cisgiordania e Gaza, ed anche una di maggior dettaglio, col confine fra Israele, Libano e Siria.
Sul finire della seconda di queste due ore un alunno, con tono rassegnato ha detto: “Ma anche se ne discutiamo cosa cambia?”.
All’insegnante non è parsa una domanda da ignorare.
E’ vero: se in seconda AT oggi dedichiamo o no un’ora (o anche due o tre) a discutere della guerra in Palestina-Israele-Libano non cambia nulla. E’ vero.
Ma basta darsi questa risposta? Lo scopo primario di una discussione del genere è quello di ottenere la pace? Ed è poi vero, è stato vero sempre che gli spettatori, gli altri popoli, l’opinione pubblica internazionale (usiamo pure quest’espressione, forse un significato lo ha ancora -o può averlo di nuovo, chissà) non conta nulla?
L’insegnante prende sul serio la domanda del suo studente rassegnato e chiede se nessuno sa chi era Nelson Mandela. Si alzano alcune mani, su alcuni volti si nota qualcosa.
L’insegnante allora spiega brevemente ai ragazzi (sta per finire l’ora) che nella liberazione di Mandela (dopo 27 anni di carcere) e nella fine della dittatura della minoranza bianca in Sudafrica anche i movimenti di solidarietà di tutto il mondo ebbero un peso. A questo uno studente replica che è vero, ma Mandela lottava in modo nonviolento.
Nel frattempo è suonata la campanella e la discussione andrà ripresa.
La lettura dell’articolo ha fatto emergere alcune domande -le si è riportare- e anche, per quanto ancora con grande reticenza, alcune tendenziali preferenze e polarizzazioni fra studenti, chi più vicino a Israele chi alla Palestina, ma appena accennate, senza che fosse articolato un parere motivato. Alla domanda se fra loro, al di fuori del tempo scuola, abbiano mai discusso di questo argomento, la risposta è stata negativa.
E’ solo l’inizio di un tentativo, che verrà continuato con un occhio alla cronaca (mediata da fonti giornalistiche, come in questo caso) ed uno alle domande che essa suscita. Le occasioni di confronto fra pareri diversi, e il modo in cui condurre questo confronto, sono uno degli scopi, accanto a quello informativo.
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