Di Paola Francesca Moretti

I figli sono come gli aquiloni: gli insegnerai a volare, ma non voleranno il tuo volo. Gli insegnerai a sognare, ma non sogneranno il tuo sogno. Gli insegnerai a vivere, ma non vivranno la tua vita. Ma in ogni volo, in ogni sogno e in ogni vita rimarrà per sempre l’impronta dell’insegnamento ricevuto”. Madre Teresa

Se è vero che in ogni vita rimarrà per sempre l’impronta dell’insegnamento ricevuto, mi domando: “che tipo di impronta i genitori hanno lasciato nella personalità di quel figlio la cui mano si è armata proprio contro di loro?” Al difficile e complesso mestiere di genitore, ieri come oggi, va tutta la mia comprensione e solidarietà. Un figlio viene amato, educato, poi, però, si confronta con il mondo pieno di insidie.
Alla luce dei recenti fatti di cronaca è lecito chiedersi se le istituzioni educative, in primis la famiglia, siano veramente capaci, oggi, a lasciare un segno valoriale concreto nella mente e nell’animo degli adolescenti soggetti a molteplici forme di condizionamenti esterni? Inoltre, non tutti gli adulti hanno le competenze e/o i codici per decifrare il malessere che vive il proprio figlio.

Impressionante il numero di giovani che si macchiano del reato più abnorme e mostruoso come quello di ammazzare il proprio genitore. Sembra quasi una sorta di emulazione di reato, prima la strage famigliare di Paderno Dugnano, mentre il 6 settembre scorso a Gagliole maceratese, un 23enne ha accoltellato padre e madre, poi ha tentato il suicidio con un taglio alla gola. Le persone coinvolte, in questa ennesima tragedia, sono ferite ma ancora in vita.
Come si può arrivare a uccidere un genitore?Futili motivi? Si, spesso se ne sente parlare. Ancor peggio quando, ai futili motivi, si aggiungono le aggravanti di odio e premeditazione.

Parto da alcune riflessioni di carattere generale, pertanto, non faccio specifico riferimento ai casi di cronaca sopra citati. A mio parere, la persona che uccide raramente presenta un vizio mentale, per intenderci quello che si è soliti definire folle, ovvero, quasi mai è incapace di intendere e di volere. Credo sia da prendere in considerazione il fatto che colui che arriva ad ammazzare un componente della propria famiglia antepone ai sentimenti l’interesse personale, rappresentato dall’eredità, case, soldi, giusto per capirci dietro l’agito criminale vi è un movente economico. E quante tragedie famigliari si sono consumate per livori sorti tra fratelli, oppure per atavici rancori mai risolti nei confronti di uno o di entrambi i genitori?

In conclusione, colui che uccide è perché ha volontà e intenzione di uccidere, vale a dire, eliminare dalla faccia della terra la persona che ritiene l’origine di un problema diversamente irrisolvibile. Tali individui hanno una personale scala di valori, non occorre essere Freud per comprendere che all’ultimo gradino giace il rispetto per la vita umana. Siffatti comportamenti delittuosi generano da una mancata consapevolezza del proprio stato di narcisista malevoli. Si potrebbe, quasi, ipotizzare che alla base di ogni strage famigliare ci siano il narcisismo e l’assenza di rispetto per la vita altrui.

 

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